La fatica della democrazia

Nel corso delle recenti elezioni per il rinnovo della Duma, il parlamento russo, il partito del presidente Putin, “Russia Unita”,  con il 48,7 % dei voti  si è riconfermato la forza elettorale piu’ seguita dai russi raggiungendo, quasi da solo, la  maggioranza  assoluta.

Due temi hanno costituito il “leit motiv” della  campagna elettorale di  Putin: un voto responsabile che investisse della rappresentanza cittadini capaci di interpretare la volontà del popolo russo; l’ esigenza di difendere soprattutto gli interessi del Paese.

Dal canto suo  Putin aveva rassicurato i russi sulla necessaria trasparenza di uno scrutinio elettorale che nel passato era stato criticato e spesso contestato.

Recentemente la Russia ha conosciuto una forte recessione economica prodotta dal ribasso del prezzo del petrolio e dalle sanzioni decise dagli occidentali che hanno contribuito ad abbassare  il livello di vita di molti cittadini.

Il voto riconforta Putin perché sembra che le motivazioni  nazionali abbiano avuto la meglio su qualsiasi altra rivendicazione dei singoli.

E’ fuori di dubbio che oggi Putin abbia  restituito alla Russia la sua antica “grandezza”   ed ai russi l’orgoglio dell’ appartenenza . La manifestazione più forte di questo “risorgimento”  è stata senza dubbio  la riunificazione della Crimea, richiesta dalla popolazione a maggioranza russa,  che popolava la regione.

Ormai Putin ha capito che interloquire con europei ed americani, che non sembrano affatto estranei alle difficoltà economiche in cui versa attualmente il suo paese, la rivendicazione identitaria sia   l’arma vincente.

Purtroppo le motivazioni che Putin ha impresso alla sua politica non riescono a far breccia nelle coscienze addormentate degli europei, le cui storie elettorali vivono sempre l’equivoco delle mezze misure.
In Spagna, ad esempio ( richiamata  ancora al voto ,e per la terza volta consecutiva nello spazio dei qualche mese) e  in repubblica federale tedesca dove , la signora Merkel, – ultima a Berlino dove governava con i socialisti, la “grosse koalition” –  ha avuto una sconfitta fatale che le ha tolto la possibilità dei governare con i socialisti, anch’essi in flessione di suffragi, e ha ceduto la maggioranza a Verdi e Die Linke, l’estrema sinistra.

Sembra ormai evidente collegare la disfatta della CDU alle dichiarazioni improvvide della  Cancelliera  relativamente al tema dell’accoglienza dei migranti ,  fortemente contestato  (e il consenso sempre calante ne è la dimostrazione più chiara)  dai tedeschi che vedono la presenza massiccia di migranti, non come un’accoglienza generosa delle vittime della crisi migratoria, ma come il risultato di una politica  che non sembrano condividere.
Eppure resta il paradosso di un paese , e di una classe dirigente, che raggiunge risultati economici folgoranti ma perde la maggioranza politica perché non ascolta le esigenze del popolo e non sembra più difendere gli interessi del Stato.

Se si confrontano poi le dichiarazioni di Putin  ai risultati elettorali tedeschi, si immagina il pericolo che minaccia da tempo le nostre democrazie occidentali che concentrano la loro azione sulle cifre dell’economia piuttosto che  cercare di migliorare le condizioni  di vita dei cittadini e per di più’ ignorano, quando non osteggiano violentemente, le rivendicazioni identitarie e le esigenze della popolazione.

Cosi’ un po’ dovunque,  nelle  democrazie occidentali, sembra crescere  la fatica dei popoli. In tutte, tranne in Russia pero’,  dove sembra che i cittadini non siano affatto stanchi di un presidente che li ascolta e fa valere dovunque gli interessi della loro patria.

eugenio preta