Quei galantuomini che guidano l’Unione Europea

Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 la banca d’affari americana, Goldman-Sachs si trovo’ nel pieno di una gigantesca operazione finanziaria che avrebbe provocato la famosa crisi dei “subprime” con il tracollo vertiginoso dei mercati borsistici e , soprattutto, decreto’ il fallimento di numerose imprese e la bancarotta di molti privati, rimasti vittime dei prodotti finanziari “tossici” ,ad alto tasso di rischio.

Nel 2010 la stampa americana arrivo’ finanche ad accusare G&S di aver aiutato l’allora governo greco a falsificare i dati dell’indebitamento di quel Paese, verosimilmente al momento della decisione greca di aderire alla zona euro.

Nel settembre del 2011 il governo americano prese finalmente la decisione di perseguire giudiziariamente G&S per il ruolo attivo che aveva ricoperto nel momento della crisi dei subprime .

Un triste panorama economico si delineava perciò’ quando, alla fine del 2014 Barroso , l’ex primo ministro portoghese, in carica come Presidente della Commisione esecutiva europea da oltre 10 anni, cedette il suo posto al lussemburghese JP Junker.

Un cambio di vertice deciso sicuramente non per alto afflato europeista, ma solo per poter riciclare ancora un ex primo ministro, lussemburghese stavolta, vittima di critiche e accuse di brogli finanziari tali da costringerlo a dimissionare ed abbandonare dopo oltre 20 anni di vertice, la scena politica lussemburghese.

Barroso ha cercato di imprimere un forte impulso federalista alla costruzione europea; 10 anni di presidenza Barroso nel segno pero ’di spese opulenti e senza freni , se è vero come è vero che i servizi del controllo finanziario della Commissione fanno ammontare , per il solo anno 2009, ad oltre 730 mila euro le spese di rappresentanza impiegate dal presidente portoghese

Lo scorso luglio, questo padre dell’europa targata PPE, certamente abituato ai cenacoli dell’alta burocrazia mondializzata (Bilderberg, Davos, Trilaterale eccetera), riesce a farsi assumere come consigliere di una banca d’investimenti americana ed accede al relativo consiglio di amministrazione come presidente non esecutivo. Inutile raccontare che la Banca è la Goldman & Sachs .

Si ripete cosi’ il teorema delle porte girevoli (revolving doors) , per cui importanti personaggi della politica passano da responsabilità istituzionali a ruoli importanti in banche d’affari come G&S: è stato il caso di sottosegretari americani e , più’ vicino a noi, quelli di Draghi e di Monti passati da G&S alla BCE e da G&S alla presidenza dei ministri

L’operazione di Barroso suscita molte critiche, non ultima la petizione presentata dai funzionari delle istituzioni che non hanno accettato la decisione di Barroso, ma tutto avviene con la benedizione di Junker che dichiarava assolutamente regolare il nuovo incarico che Barroso andava a ricoprire , prendendo in considerazione, non il grave limite costituito da una questioni di opportunità istituzionale e dignità personale cosi’ contraddetta, ma ritenendo che Barroso avesse scrupolosamente rispettato il termine dei 18 mesi previsto dal regolamento.

Oggi pero’ la stampa ed i media portoghesi aprono gli armadi e svelano che, durante l’intero suo mandato, colui che criticava i paesi che difendevano le loro peculiarità culturali e che male si conformavano ai dictat della burocrazia che lui presiedeva, non aveva mai smesso di intrattenere rapporti correnti con la banca americana .

I media fanno parte dei ripetuti consigli e delle proposte di emendamento che i dirigenti di G&S facevano pervenire regolarmente e in maniera confidenziale al gabinetto Barroso relativamente alle modifiche da apportare alle politiche dell’unione europea. In contropartita Barroso non lesinava visite regolari e confidenziali nella sede centrale di New York.

Pratiche di connivenze al limite del lecito che Barroso sembra non aver mai disdegnato come nel caso della nomina del politologo Sidjanski consigliere speciale alla Commissione nonostante fosse notorio che Sidjanski, legato alla finanza ultrafederalista europea, fosse parimenti membro del gruppo Latsis , gruppo finanziario apparente al miliardario omonimo, ora scomparso, grande sodale di Barroso.
E’ necessario non lasciarsi abbindolare oggi dal pianto di coccodrillo della casta politica che, a destra come a sinistra, da Parigi, da Roma , da Berlino, Madrid o Lisbona a Bruxelles, non ha altro obiettivo che fare dimenticare il sostegno reiterato e senza tentennamenti che ha attivamente fornito a Barroso, colui che fu il capo titolato e ascoltato dell’Unione europea .

Nonostante oggi questo sindacato della collusione appaia oltremodo odioso alla maggioranza dei popoli europei, questa “cricca di collusi “ si attacca, come una colonia di zecche assetata di sangue alla prebende, al mantenimento di privilegi, salari e rimborsi istituzionalizzati , per di più’ imponendo agli Stati Nazione il rispetto di improbabili e soffocanti regolamenti, studiati alla fine, non per raggiungere il benessere dei popoli, ma per meglio ottenere ricchezze sul piano più’ pratico e per attuare, su quello politico, la folle illusione di un governo mondiale del pianeta .

In questo regno del trasformismo, Barroso, come tanti suoi colleghi, è passato molto naturalmente dal maoismo iniziale di gioventù’ al neoliberalismo mondialista dell’età matura . Ma dopotutto i due sistemi che si sono affrontati per anni, condividono, a detta di un bastian contrario della costruzione federalista come Philippe de Villiers, (cfr “E’ venuto il momento di raccontare ciò’ che ho visto) ” la stessa fede scientista in economia e la stessa allergia viscerale alla democrazia”.

Eugenio Preta