Brexit: la forma dell’acqua

Winston Churchill ricordava, a ragione, come la Gran Bretagna fosse più portata a solcare l’oceano verso il suo epigono americano piuttosto che ripiegarsi a scendere in direzione del vecchio continente dove un ostinato Charles De Gaulle rifiutava di ammetterla come partner dell’allora Comunità europea.

Alla morte del generale, il Regno Unito riuscì finalmente a mettere un piede in Continente, non uno sbarco per contribuire a farne una potenza maggiore ma, com’é stato sempre l’obiettivo primario della sua ancestrale diplomazia, uno spiaggiamento per poterla boicottare dall’interno e farne solamente una grande area di libero scambio

Oggi la Storia si morde la coda ed è proprio il Regno Unito a trovarsi in preda al “sabotaggio” della Brexit, con la “povera” Teresa May arrivata alla fine della sua reggenza senza speranza di conservare il posto e senza più voce ormai, dopo le urla lanciate in Parlamento, tanto da apparire ai microfoni BBC come una cantante di blues nella serata conclusiva di Woodstock.

Ormai sul tavolo rimangono solo due alternative: una Brexit senza accordo, già rifiutato dalla camera dei lord, che equivarrebbe ad un salto nel vuoto o una Brexit con accordo, riportato però alle calende greche, eventualità che aprirebbe la possibilità di un nuovo referendum, alla faccia della democrazia partecipata e del popolo che si è espresso per andarsene.

Sembra essere davanti ad un quadro di Hieronymus Bosch con i tre gnomi sdentati e gaudenti, Tusk, Juncker e Corbyn ed ai loro piedi una donzella avvinazzata e ormai ridotta in schiavitù: la povera Teresa May. Nell’attesa però, l’attualità di solidificazione in Storia e venti di indipendenza soffiano al di là del Continente (durante la 2° guerra il servizio metereologico di radio Londra riferiva le condizioni del tempo in Continente e non – come invece avrebbe dovuto fare – in Gran Bretagna) e quelli che sono stati sempre sudditi di Sua Maestà la Regina, affilano il taglio delle loro rivendicazioni.

In Scozia, paese riattaccato con forza dai baroni locali alla tutela di Londra solo nel 1707, dopo secoli di ribellione e, tra altro, l’impiccagione di William Wallace – il Braveheart di holliwoodiana memoria – si rispolverano tartan e cornamuse. Nicola Sturgeon, primo ministro al potere dal 2014, dopo la bocciatura del referendum sull’indipendenza della patria di Sean Connery – l’ex agente 007, indipendentista di marca – si dice pronto alla convocazione di un nuovo referendum per l’indipendenza e si dichiara convinto che il suo Paese riuscirà finalmente a conquistare l’agognata indipendenza.

Anche da parte dell’Irlanda, cattolica ed unionista, si comincia a sentire il suono della zampogna locale che richiama la necessità di vedere ristabilite le frontiere con il vicino settore irlandese dell’Eire, protestante e irredento, nel caso di una effettiva Brexit.

Nell’attesa l’inquilina del n° 10 di Downing street continua nella sua navigazione a vista di una Brexit a cui Lei, ironia della sorte era stata sempre contraria, nel gaudio non più ritenuto di Scozzesi ed irlandesi, diventati oggi sempre più sovranisti e più gollisti di Churchill e più “churchilliani” di De Gaulle.

Eugenio Preta