COSTITUENTE? DI CHE? CON CHI? PER FARE COSA?

Da alcuni mesi alcuni “sicilianisti” si aggirano nel sottobosco della politica siciliana. Di nuovo hanno in realtà ben poco. Sono più o meno tutti orfani di qualche partito italiano, e molti di più di uno. I nomi variano; “costituente per la Sicilia”, “la Sicilia ai Sicilianisti”, ma in buona sostanza sono sempre le stesse persone.
Sono accomunate da un vago e, credo, anche un po’ sincero autonomismo. Un autonomismo epidermico, di chi vorrebbe sì avere un capo a Roma, ma un capo “debole”, di quelli che si fanno i fatti loro E CHE GLI LASCINO LA SICILIA COME TERRENO DI PASCOLO.
E’ un buon segno, tutto sommato. Se il rapporto tra le case madri dei partiti italiani e i feudatari a spasso sono logori, c’è qualcosa che non funziona più nel sistema politico tradizionale siciliano. Un buon segno, sì, tutto sommato.
Naturalmente le buone notizie finiscono qui.

Chi sono “questi” infatti?
Sono i feudatari del voto, vecchissimi, non necessariamente all’anagrafe (ma anche), che possono disorientare una parte dell’elettorato, o sconcertarlo, sol che abbiano qualche giornalista amico.
Il problema gravissimo della Sicilia, infatti, è stato di essere una Nazione senza classe politica che possa definirsi veramente “nazionale”, ma soltanto “feudale”: solo feudatari, notabili nel loro piccolo distretto, in grado di “vendere” il loro piccolo o grande consenso pur di concedersi un posto al sole. Organizzati all’antica: ci sono i grandi vassalli, che si appoggiano a una rete di valvassori e poi di valvassini. Ma il metodo è quello.
Possono realmente opporsi all’Italia? No, solo ricattarla di tanto in tanto (se non mi dai questo, passo all’altro partito) su questioni secondarie. Sono anzi IL problema della Sicilia.
I Siciliani non hanno MAI votato, se non in minima parte, per i partiti italiani. I Siciliani hanno votato SEMPRE per i loro baroni del voto, i quali a loro volta lo negoziavano con il partito di turno.
Ora sono in gran parte a spasso: l’Italia si collega direttamente all’elettorato, senza più bisogno di loro. O dando loro ruoli sempre più subalterni. E qualcuno s’è stufato e si vorrebbe mettere in proprio, mandare all’ARS un “sindacato di baroni autonomi”, che poi di volta in volta negozia con i partiti italiani, ma a un livello più alto, potendo alzare il prezzo.
Finché pescano nel loro elettorato, più o meno clientelare, va bene. Ma possono risolvere la Questione Siciliana? Anzi, più a monte, hanno a che fare qualcosa con la Questione Siciliana? No, non c’entrano nulla o sono addirittura parte del problema.
È una brutta copia di un film già visto: l’MPA, che almeno aveva un leader, bello o brutto che fosse.
Possiamo dare fiducia, credito, a un soggetto politico pieno zeppo di riciclati che hanno cambiato cento casacche nella cabina di regia?
Possiamo dare fiducia, credito, a un partito messo insieme da un ex forzista (ex PRI, addirittura, se non vado errato andando nella sua preistoria politica) e da tanti altri ex, che farebbero bene a godersi la meritata pensione dopo tutto il bene che hanno fatto alla Sicilia?
Chi ha dimenticato la Sicilia scegliendo di militare in partiti italiani lo farà sempre!
Chi non ha mai difeso, con le unghie, coi denti, col sangue, lo Statuto siciliano quando sedeva tranquillo e pasciuto nelle istituzioni, non lo farà MAI, men che mai al termine della propria carriera!
Questi vogliono solo “restare a galla”. Non sono, non possono essere quella classe politica che ci vuole: nazionale e indipendentista, che magari accetti lo Statuto, ma come tappa intermedia e nel suo spirito originario realmente confederale. Questi sono soltanto l’opposto: grigie figure “regionali” e “autonomiste”, che hanno lo Statuto come ultima utopia. Quello che per loro è un punto di arrivo remoto, è e deve essere per noi un punto di partenza.
Noi potremmo fare accordi con i partiti italiani, accordi “alti”, in cambio di contropartite vere, questi li faranno solo per ritorni di bassa cucina.
Nessuna sintesi è possibile, e anzi è peggio avere loro come rivali, perché fanno solo confusione. Preferisco i partiti italiani, coloniali già nel nome, che le varie imitazioni e sigle e sottosigle, più o meno “bellissime”, ma che giungono alle stesse conclusioni, e che disorientano l’elettorato.
Questi vogliono solo “restare a galla”. Che ci provino.
Ma non nel mio nome!

Massimo Costa