La Cina è vicina

Immaginate Milano o Palermo: città silenziose, strade deserte, ospedali stracolmi, trasporti sospesi. Immaginate l’Italia intera al rallentatore, fabbriche vuote, abitanti bloccati nelle loro case, farmacie prese d’assalto, le piste degli aeroporti senza aerei, le stazioni senza treni, l’insieme della penisola in quarantena.

Eve of destruction cantava Barry McGuire prefigurando scenari apocalittici: da tre settimane questa situazione costituisce il quotidiano della città di Wuhan, epicentro dell’infezione coronavirus.

Wuhan non è Parigi o Londra, è di più, con i suoi 11 milioni di abitanti e la provincia di Hubei che circonda la megalopoli cinese, è grande quanto il nostro paese, con una popolazione di oltre 58 milioni di abitanti, oggi confinata a casa e in preda al terrore sin dallo scorso mese di dicembre.

Di fronte alla minaccia di contagio globale e la conseguente costruzione urgente e di ben 5 ospedali completi, le autorità cinesi la dicono lunga sull’effettiva percezione del pericolo, hanno deciso una soluzione radicale mettendo in opera la più grande operazione di isolamento mai realizzata nella storia dell’umanità.

Quale protezione può dare, però, questa grande muraglia antivirale se la società cinese è l’esempio più evidente di questa era della globalizzazione selvaggia?

Mettendo in quarantena, d’autorità, non solo la vita sociale ma soprattutto la catena economica dell’intero Paese, Pechino riuscirà a circoscrivere l’ondata epidemica oppure la diffusione del Coronavirus e il relativo panico, travalicheranno i confini provinciali e quelli nazionali?

XI Jinping è stato sempre considerato l’uomo forte del regime, oggi si ritrova fragilizzato da una situazione che non riesce più a controllare. Molto grave non essere intervenuto tempestivamente sulla tragica situazione che si era venuta a creare nel dicembre scorso ed averlo fatto in colpevole ritardo, solo alla fine di gennaio, con obbligate misure drastiche di isolamento, hanno suscitato la sfiducia della popolazione cinese e le perplessità dell’intero pianeta.

Nel sentire cinese, come nelle antiche tragedie greche, le epidemie sono state sempre avvertite come punizioni collettive inviate dalle divinità e questa crisi epidemica si è trasformata fatalmente in crisi politica.

Xi Jinping si trova oggi impigliato su tre fronti: quello sanitario, quello economico e quello politico. Sul piano sanitario il potere centrale sta perdendo la faccia con il numero di morti che continua ad aumentare; su quello economico migliaia di fabbriche in cassa integrazione e la famosa produttività cinese in caduta libera.

Ma è sul piano politico, molto più delicato, che si gioca la sfida più importante per XI Jinping: il recupero della sua legittimità presso il popolo ma anche presso il partito dopo le mirabolanti promesse di crescita e ricchezze.

Tanto tempo fa, nel 1966, Mao TseTung, in crisi col partito, per ritrovare la fiducia del popolo si inventò la famosa nuotata nel fiume Giallo, proprio presso Wuhan, immortalata dagli scatti fotografici che erano serviti al Dittatore come formidabile spot di propaganda per avviare la Rivoluzione culturale dei Libretti Rossi. Più discreto oggi XI Jinping ha preferito inviare il suo primo ministro a visitare gli ospedali di Wuhan. Ancora una dimostrazione di come i tempi siano cambiati e la statura dei nostri eroi… anche.

Eugenio Preta