Petrolio: dalla Russia un assist all’Europa

Dagli anni ‘70 gli Usa, hanno dominato il mondo degli idrocarburi e tutti i settori economici grazie al prestigio che derivava loro dal potere dei petrodollari. Da qualche tempo la carta dei giochi mondiali è cambiata: la Russia si è ricostituita e l’Asia è diventata un punto importante nello scacchiere economico. Nonostante gli evidenti cambiamenti, gli americani rifiutano di accorgersi dell’evoluzione geopolitica e, con la forza della disperazione, cercano di rimanere legati ai privilegi trascorsi.

I maggiori responsabili dell’industria militare Usa, cercano in ogni modo di indebolire il partenariato esistente tra l’Europa e la Russia, partendo dal settore dell’approvvigionamento petrolifero. Hanno iniziato avversando dapprima il progetto South Stream, quindi hanno minacciato il progetto Turkish Stream e infine hanno imposto le sanzioni nel quadro del progetto Nord Stream 2. Hanno quindi scatenato guerre e conflitti in Iraq ed in Siria, per poter difendere i loro interessi petroliferi e di approvvigionamento di gas a discapito degli interessi europei che continuano a soffrire direttamente le conseguenze politiche, economiche e migratorie delle politiche aggressive americane.

Il 5 marzo scorso, nel corso della riunione dei paesi produttori Opep (l’Organisation des pays exportateurs de pétrole), la Russia ha giocato d’anticipo, prendendo tutti in contropiede, ed invece di accettare la diminuzione proposta, ha comunicato di voler mantenere invariata la quantità della sua produzione di petrolio. Così facendo ha immediatamente determinato una caduta importante del prezzo del barile, avvalorando la sua azione con l’annuncio di possedere riserve finanziarie sufficientemente importanti per mantenere questa situazione anche per periodi indeterminati.

La decisione russa ha inizialmente messo in difficoltà l’Arabia Saudita molto restia ad adeguarsi al prezzo del petrolio determinato dai russi che, di fatto, l’avrebbe senz’altro penalizzata vista l’assoluta dipendenza dei sauditi dall’estrazione petrolifera. Mosca e Riyad però si sono accordati perché sanno bene che se c’è un produttore mondiale che potrebbe difficilmente sopravvivere ad un prezzo del barile così basso, si tratta esattamente degli USA.

Con un prezzo al barile al di sotto dei 25 dollari lo sfruttamento del petrolio di scisto che caratterizza la produzione americana è assolutamente poco conveniente e diventa fuori gioco. Russi e Sauditi cercheranno ora di riconquistare le parti di mercato che qualche anno fa avevano perduto a vantaggio degli americani, ed anche nell’ipotesi che il prezzo dovesse tornare oggi al livello normale, sicuramente impedirebbe agli statunitensi di recuperare le parti perdute.

Questa situazione, in questo momento, avvantaggerà l’Europa che potrà adesso approfittare di petrolio e gas a prezzo calmierato e di questo – in periodo di piena crisi epidemica prodromica di quella economica – si dovrebbe ringraziare solo Putin, che permetterà così di alleggerire le spese energetiche europee, nonostante le sanzioni che l’Europa continua ad imporgli. Sarebbe opportuno, a questo punto, levare le sanzioni e riavvicinarsi alla Russia, nostro alleato naturale, in modo da poter costruire, in un nuovo contesto continentale una politica economica effettivamente a lungo termine, oggi che da un punto di vista economico la situazione mondiale appare sempre più confusa ed il futuro si annunzia incerto.

Eugenio Preta