Dopo Nizza il terrorismo colpisce Vienna

Le autorità austriache parlano di un probabile attacco terrorista che ha colpito nei giorni scorsi il cuore della capitale austriaca in prossimità della sinagoga di Vienna, in uno dei quartieri più controllati dalla Polizia. Ancora non si conosce il numero preciso delle vittime e pare ci sia stato un ulteriore attacco, con presa di ostaggi, all’Hotel Hilton.

Stranamente i giornali Italiani relegano in seconda spalla la cronaca dell’agguato, quasi fosse un argomento poco importante e meno preoccupante delle misure improvvisate da un governo in asfissia per combattere un’epidemia che chiude attività economiche, piazze, scuole università, cinema e teatri, mentre nella dilaniata Lampedusa continuano gli sbarchi notturni delle masse di disperati.

L’Europa tenta oggi di contrastare un’epidemia virale ma finge di non accorgersi di essere da tempo preda del terrorismo islamico, un virus vigliacco che uccide cittadini inermi e che ci ostiniamo a relativizzare. Papa Francesco richiama i cattolici al dovere dell’accoglienza, i Capi di Stato più autorevoli in Europa, Merkel e Hollande fanno a gara per aprire le frontiere e Orban, l’ungherese odiato dagli oligarchi e dai poteri forti europei, il solo Capo di Stato che in effetti si oppone all’ondata di invasioni, viene additato come l’alunno indisciplinato di questa Europa inutile che a nome di pochi sta portando alla distruzione la civiltà occidentale per un malinteso senso di buonismo.

Relativismo piuttosto, diciamo noi, quel lasciar passare, lasciar correre, tipico degli ignavi e dei vigliacchi, ma anche degli incapaci per natura o per scelta, gli struzzi europei che mettono la testa sotto la sabbia aspettando che la carovana passi e si esaurisca, senza eccessivi danni, questa isteria collettiva che prende soprattutto origine dalla ripetuta negazione della realtà, una specie di negazionismo assurto ormai a principio politico di queste nostre democrazie, ma che si origina anche da un nichilismo personale e generale, un annientamento volontario, non soltanto del proprio essere ma persino dei valori fondanti di una civiltà che è quella dell’Occidente.

Avevamo costruito la polis, il diritto, la legge, i valori morali e civili che hanno costituito il primato di una civiltà, quella occidentale, che si distingue da tutte le altre, che ad ogni costo ci si ostina a porre sullo stesso livello, nonostante siano lontane migliaia di anni e che neanche in una scala gerarchica troverebbero posto e dignità proprio perché non sono riuscite a costruire valori universali nel corso dei secoli: solo violenze e menzogne (basti pensare, ad esempio, ancora oggi il ruolo della donna nella società islamica…).

Come cammello che vogliamo far passare dalla cruna di un ago ci sforziamo di voler dare risposte a domande che restano improbabili: chi sono questi migranti, quanti sono effettivamente quelli che avrebbero diritto all’asilo? Chi sono? Da dove arrivano? Sono cristiani d’oriente? Sono musulmani? Perché si dirigono sempre verso l’Europa e non nei Paesi musulmani altrettanto ricchi e più congeniali per modo di vita e di fede? Perché da parte di questi ultimi non è stata mai avanzata un’ipotesi di aiuto, per tentare di risolvere la tragedia dell’esodo di tanti loro correligionari?

E poi – tralasciando poesie, Papa Francesco, rimborsi, cooperative e misericordie – saremo noi europei in grado di offrire loro un futuro, migliore del presente che li affligge?

Riusciremo nell’integrazione oppure resteranno solamente e semplicemente assimilati, satelliti di altre culture e religioni, obbligati a regole che non gli appartengono e che, puntualmente, anche senza volerlo, non riuscirebbero ad osservare?

E’ veramente triste assistere oggi ai ripetuti “mea culpa” di Papa e governanti; tutti a battersi il petto per le cattiverie compiute da una civilizzazione che fatalmente, nel suo lungo cammino di secoli, ha affrontato guerre e combattimenti, spesso eccedendo anche per affermare, in un mondo ostile e conflittuale idee e volontà che, ripeto, sono assurte a valori universali nonostante peccati pesanti e voluti come la colonizzazione forzata di interi continenti, in nome appunto “di Papi e di re”, ma oggi sembra che si insista in modo ossessivo sulla penalizzazione dell’Occidente, quasi debba assolutamente rendere conto e porre rimedio agli errori veri o presunti del suo passato più lontano. Colonialismo, schiavismo ed aggiungiamoci anche inquisizione, lotte interne, scismi religiosi, oscurantismo medioevale sono le vicende della lunga marcia di una civiltà che non possono oggi costituire la scusa per la richiesta ripetuta del miserere quotidiano dell’Europa, il pentimento che il mondo occidentale si obbliga a infliggersi.

Di fronte all’invasione, l’Europa sembra dopata in una specie di afasia, come un delirio di massa che accoglie gente venuta da ogni dove con la psicosi dell’identificazione e della ripartizione per quote, per etnie, quasi per colore della pelle, senza la messa in atto di contromisure, quando la sola risposta potrebbe essere quella di prendere coscienza dei nostri valori senza subalternità né complessi di colpa, studiare e analizzare le realtà internazionali senza paura e senza alibi precostituiti rendendosi conto delle menzogne e della confusione esistenti ma affermando con legittima fierezza e senza tentennamenti la storia e la civilizzazione gloriosa della nostra Europa che parte dai valori cristiani e si sviluppa dalle leggi e dal pensiero originati dal mondo greco, latino e pure anglosassone.

Oggi, davanti alla Cattedrale di Santo Stefano, in una Vienna ferita dal terrorismo islamico, ma addobbata dalle ristrutturazioni edilizie favorite dai fondi dell’Unione europea, forse qualcuno si inginocchierà in preghiera per i cittadini assassinati da una follia che fingiamo di non capire.

Eugenio Preta