Necessità di una seria informazione

La società contemporanea globalizzata, vive oggi, le accelerazioni dovute alle trasformazioni dei modelli sociali e dei valori una volta comunemente condivisi, è perciò necessaria un’informazione che rivesta carattere di importanza primaria, sempre maggiore e determinante.

Giornali, TV, Web ed Internet sono ormai lo specchio di una società che, smarrita nelle spire di un modernismo galoppante, ha bisogno di riflettere, analizzarsi e capire. E per fare tutto questo in maniera obiettiva, i media in genere dovrebbero informare, vale a dire trasmettere semplicemente la notizia lasciando al singolo la responsabilità del commento, proprio per evitare ogni possibile manipolazione.

Abbiamo imparato che, nei momenti di smarrimento, l’opinione pubblica diventa più sensibile, maggiormente strumentalizzabile ed ha bisogno di identificarsi in un modello ideale a cui possa delegare la responsabilità della risoluzione delle sue esigenze e delle sue aspettative. Non è certamente il ritorno dell’eroe, del protagonista di quell’ “angelismo” a cui, negli anni 70, si delegava la salvezza del mondo, il trionfo del bene, della verità, della giustizia, quanto piuttosto la replica del Grande fratello, il trucido cui deleghiamo la rappresentazione di un mondo senza intelligenza né cultura che non può appartenerci. I tempi sono cambiati cantava Bob Dylan, ma non si sono neppure fermati ed il cambiamento continua, diciamo noi, così tocca all’informazione trasformarlo in supporto positivo alla conoscenza.

La gestione dei Media di questo Paese ad opera degli apparati partitici e di gruppi affaristici-massonici ha come conseguenza che le masse sono dirottate verso i gossip, le pochezze parlamentari italiche e restano quasi totalmente ignare di ciò che accade a livello europeo o peggio internazionale. Avete presente i telegiornali nostrani? Con impercettibili differenze tra i canali, il vuoto assoluto di servizi giornalistici validi su quello che accade in Europa, dietro porta di casa nostra. E dire che saremmo tutti cittadini di un’Unione europea che si vorrebbe unita ma che, scimmiottata sul modello americano, in realtà è una comunità velleitaria.

Europa non terra delle patrie, non unione dei popoli, fondata sulle identità nazionali e sulle tradizionali specificità culturali, ma crogiolo delle oligarchie nazionali, semplicemente un grande mercato di capitali senza frontiere, diventato un consiglio di amministrazione di affaristi e banchieri che hanno messo la sordina alle esigenze dei popoli ed anzi di queste esigenze ne fanno motivo per imporre cambiamenti e trasformazioni, nonostante un Parlamento eletto dai popoli europei, complice alla fine di proposte formulate da burocrati senza consenso ma decise in nome e per conto di noi tutti.
L’informazione però, in questo Paese e su queste materie latita o si nasconde.

Ma le masse dei teledipendenti, ad esempio, capiscono di che cosa stiamo parlando? I ragazzotti e le ragazzotte del Grande Fratello o i cantanti di XFactor capiscono cosa sta succedendo sulle loro teste? E se anche lo capissero, siamo poi sicuri che ne sarebbero interessati? E dire che l’Europa ormai orienta e dirige la vita dei popoli. E se Grande fratello e XFactor, o i vari telegiornali volutamente provinciali, obbedissero ad un’esigenza ben precisa: addormentare le coscienze?

Se la Presidente della Commissione europea comunica che è giunto il momento di impegnarsi sul problema delle risorse proprie dell’Unione, o se la Banca Europea degli Investimenti chiede il salto quantistico agli Stati, chiede cioè di cambiare, senza proferir verbo regole già scritte, forse non ci faremmo caso, ma se un’informazione seria e puntuale veicolasse che questo significa una tassa europea sui salari, forse tutti noi ci ripenseremmo e faremmo anche maggiore attenzione, ad esempio, alla decisione presa da tempo dai burocrati di istituire una sessione di bilancio europea dove ogni Stato nazione presenta i suoi documenti contabili e li sottopone all’analisi degli altri Paesi, un’altra fetta di sovranità prettamente nazionale affidata però alla gestione comune di una burocrazia ormai egemone in un mondo di impavidi consenzienti.

Il discorso diventa sempre più stringente e attento ai principi (che non sono camicie che puoi cambiare a tuo piacimento) basilari della sovranità degli Stati rispetto a materie che devono essere sviluppate per il benessere dei cittadini, Media e televisioni devono svegliare le coscienze, non possono addormentarle nella trasmissione di inutilità e facezie.

Oggi che assistiamo ad un trasferimento di competenze e poteri dal basso verso l’alto – dagli Stati all’Unione – possiamo essere in grado di comprendere cosa sta avvenendo per dipanare il paradosso?

Possiamo alla fine essere messi in condizione di conoscere le realtà che ci circondano e, attraverso un’informazione seria e puntuale, essere in grado di crearci una coscienza critica che ci consenta di poter prendere parte attiva al dibattito senza aspettare che i fatti accadano sulla nostra testa e a nostra colpevole insaputa?

Possiamo essere finalmente messi in condizione di alimentare i nostri istinti ed evitare come diceva Paul Velery, con la morte degli istinti, la “morte della nostra stessa civiltà”?

Eugenio Preta