La reale efficacia dell‘Unione europea nella risoluzione di crisi, epidemie e conflitti

I CAPI DI STATO AL VERTICE DI VERSAILLES

Il vertice di Versailles, aldilà delle solite dichiarazioni della tecnocrazia  europea , ha palesato la debolezza della cd Unione di  fronte alla determinazione dei russi.

L’annuncio del rafforzamento delle sanzioni economiche preservando sempre gli approvvigionamenti energetici provenienti dalla Russia,  in attesa di poter costruire una ipotetica indipendenza, non cambia il dramma che vivono a Kiev e nel Donbas.

Da anni i nostri tecnocrati di Bruxelles dicono di sognare un ‘Europa Potenza che possa sostituire i singoli Stati nazione diventati troppo piccoli per potersi fare ascoltare nel concerto delle potenze mondiali.

A parole però perché l’eurocrazia ha sempre rifiutato l’idea stessa di potenza europea , ritenuta solo una reminiscenza “démodé “ del suo passato imperialista , ed ancor peggio, gli eurocrati stessi sono essi stessi i maggiori responsabili dell’impotenza dell’Europa in nome di un’ideologia mercantilistica e mondialista che valorizzando il  libero scambio e le specificità  delle produzioni,  dogmi di Maastricht , ha comportato la dipendenza dell’Europa , ne ha decretato l’ atlantismo  dei suoi Stati membri rendendola vassalla degli Stati Uniti sul piano diplomatico e militare.

Già la pandemia , che chissà se c’è ancora e se l’hanno  cancellata, ha svelato la dipendenza dell’Europa in ambito medicinale. Una relazione del Parlamento ha indicato che il 49% dei medicinali commercializzati in Europa proviene da Paesi terzi e che dal 60 all’80 % degli ingredienti farmaceutici vengono prodotti in India e in Cina: nel momento in cui si profila la minaccia della guerra batteriologica , i rischi di questa dipendenza  diventano facilmente calcolabili.

La ripresa economica che stava facendo seguito alla fine dell’ isolamento cvd ha del resto evidenziato una ulteriore dipendenza delle nostre economie  in tema di componenti elettronici costruiti in Asia: conseguenza anche questa della cecità delle scelte economiche dei responsabili dell’unione europea.

Ormai sarebbe troppo tardi ricorrere a misure di riprogrammazione industriale , tanto più che la filosofia tecnocratica prevede da tempo l’abbandono dell’industria  dell’Europa e che la politica eco-climatica dell’Unione marcia a tappe forzate verso l’auto elettrica, ad esempio, ponendosi in una situazione di doppia dipendenza di fronte alla Cina sia per quel che concerne la fabbricazione delle batterie sia per quanto attiene all’estrazione e alla lavorazione dei metalli rari.

Già nell’epoca in cui  fummo maggiormente succubi del più grande regime comunista, la nostra dipendenza energetica non smise mai di aumentare e, a traino degli USA, la nostra diplomazia si impegnò ad inasprire i rapporti col grande vicino russo che, dal canto suo, aveva già organizzato la dipendenza dei suoi paesi satelliti lasciando la Repubblica Ceca, ad esempio , dipendente al 100% dal gas russo, quella ungherese al 95% e la Germania est all’80, situazioni che avrebbero dovuto essere prese in considerazione al momento degli allargamenti ad Est dell’Unione.

Per quel che concerne le politiche di difesa, la maggior parte degli Stati membri , forse confidando nella protezione  americana, ha sempre rifiutato di occuparsene ed oggi, nel momento in cui il caos si scatena alle frontiere russe, accetta le sanzioni ben sapendo che ne patirà essa stessa  le conseguenze.

Disarmati in ambito militare, gli europei lo sono anche in quello diplomatico, discreditati dalla piaggeria verso gli USA . Ne è prova il fatto che abbiano dovuto lasciare svolgere addirittura ad Israele ed alla Turchia il ruolo di intermediari tra gli attuali belligeranti.

La guerra in Ucraina ha fatalmente acceso i riflettori sulla reale sconfitta della casta che governa l’Unione europea che per le “gaffe” del  presidente del Consiglio, Michel, in quelle della Presidente dell’Esecutivo  Van der Leyen e del rappresentante della politica Esteri, Borrell.
Essi hanno ritenuto di potere banalizzare la politica  nell’economia , nel mercato e nella tecnocrazia ma non sono riusciti però a ricordare  che , ad un certo punto, la Politica, con le sue domande essenziali di sovranità, di indipendenza e di potenza  , nel momento più grave, ,ritorna prepotente sul palcoscenico  della Storia.

Eugenio Preta