Il Balletto dell’Europa

Abbiamo improvvisato, come sempre. Una curiosa coreografia ha investito l’emiciclo del Parlamento europeo di Strasburgo per festeggiare la fondazione dell’Europa: una contorsione lenta di ballerini poco sincronizzati con intermezzi narrativi poetici, qualcosa a cavallo tra una seduta di ipnosi e un corso di yoga per debuttanti che, secondo gli eurodeputati più entusiasti, ha posto questa Conferenza sull’avvenire dell’Europa nel segno della cultura.

Un non senso che ha banalizzato la cultura con un’allegoria, non voluta ma riuscita, dell’Europa sfasata, nel ballo e nella recitazione. Europa che però crescerà in volume quando avrà spalancato le porte all’Ucraina, a dispetto delle disposizioni dei trattati, ed avrà aumentato così il potere di questa pretesa comunità politica europea perché il suo asse portante Franco-tedesco si è dichiarato favorevole all’adozione del voto a maggioranza qualificata in Consiglio.

Eppure il trattato di Lisbona, approvato con la furbizia del solo voto parlamentare dopo la bocciatura popolare ricevuta da danesi, francesi ed irlandesi del referendum sulla Costituzione europea, aveva previsto che un certo numero di materie sarebbero rimaste sottoposte alla regola dell’unanimità. Materie che si sono ridotte nel corso degli anni, ma alcune ancora in vigore sulla politica estera, immigrazione, fiscalità e giustizia in attesa della totale cancellazione.

Sullo sfondo c’è sempre il dibattito sul divieto di importazione del gas russo che vede l’opposizione feroce di tre Stati, uno dei quali è l’Ungheria.

Intanto il nostro Presidente del Consiglio Draghi corre da Biden mentre da qualche tempo, anche se la condanna di Putin resta unanime e non viene meno la solidarietà verso i profughi ucraini, in Italia si innalzano voci critiche e realiste contro una guerra che si radicalizza e le cui conseguenze sono devastanti.
Bene fanno alcuni italiani a pensare che in questo momento tutti i Paesi della NATO tradiscono lo spirito del trattato del Nord Atlantico che all’art.1 stabilisce l’impegno preso da tutti i firmatari di regolare in maniera pacifica ogni contrasto che li avrebbe coinvolti e a ritenere che invocare lo spirito del trattato nord Atlantico potrebbe veramente porre fine alla guerra.

Le dichiarazioni del segretario generale Stoltenberg dicono che Kiev ha bisogno di armi più pesanti e l’Europa deve intensificarne l’invio in modo che gli Ucraini possano prepararsi ad una lunga guerra con Mosca. E’ certamente sorprendente se il segretario della NATO, un’organizzazione internazionale, rilasci queste dichiarazioni, anche perché fino a questo momento la Russia non ha colpito nessun paese membro NATO e la stessa Ucraina non è un paese membro di questa alleanza. Anzi, invocare tale possibilità non fa altro che avvelenare gli animi e ridurre le possibilità di conciliazione.

La constatazione più amara per la NATO è che l’Italia è storicamente un Paese atlantista e sono tanti gli italiani che stanno rivedendo le loro posizioni filo Zelensky. Tutto ciò desta grande preoccupazione perché spezzerebbe quel fronte europeo che tra l’altro non sembra affatto granitico, per la prospettiva di una gigantesca crisi energetica ed economica che si profila come conseguenza delle sanzioni imposte a Mosca.

Oggi l’Europa ha un solo interesse comune: fermare la guerra e non alimentarla. Se gli USA vogliono utilizzare l’Ucraina per far cadere Putin che lo facciano, come lo facciano i russi se vogliono liberarsi di Putin, ma senza coinvolgere l’Europa e l’Italia. Crisi economica ed immigrazione fuori controllo saranno conseguenze dirette per l’Italia, trascendendo quelle per altri paesi del bacino sud.

La confusione regna in un’Europa che non ha nulla da festeggiare: i paesi baltici hanno il terrore dei russi, ma il sud Europa della fame e dell’immigrazione.

Eugenio Preta