Fratelli d’Italia bianchi e terroni

Due banche che fanno riferimento a schieramenti politici opposti, due tentativi di scalata per molti versi similari.

Due rette parallele come sappiamo sul piano euclideo sono destinate a non incontrarsi mai, ma su quello Padano certi postulati non sempre tengono.

Noi, come la solito, spostiamo leggermente l’angolo della visuale. Da Fiorani (“agnello” sacrificale predestinato), allarghiamo l’orizzonte al sistema nel suo insieme.

Fiorani ed i suoi complici SONO la BPL, che guidano effettuando operazioni illecite a danno dei clienti per trarne benefici personali. Le operazioni illecite consistono (così come ci hanno detto i giornali) in appropriazioni indebite, riciclaggio, aggiotaggio, etc. etc. I proventi in parte vengono occultati attraverso un sistema di società riconducibili al gruppo anche tramite prestanome in un giro con intricate ramificazioni internazionali, in parte servono per finanziare uomini politici che (è notizia di stamattina, 19 dicembre) assicurerebbero la copertura necessaria.

A ciò si aggiungano due fatti: il primo è che a Lodi Fiorani e soci, come documentato da alcuni servizi della RAI, sono benvoluti da tutti, in forza del benessere “apparente” che hanno portato e perchè hanno (quasi) trasformato una piccola banca locale in un colosso nazionale, ed il secondo è che le connessioni sia verticali con la Banca d’Italia, sia orizzontali con l’Unipol (vedi sostegno dato da Consorte alla scalata AntonVeneta) fanno pensare ad un qualcosa di più ampio, ad un “livello superiore” e ad una rete di gruppi che operano in maniera similare.

Osserviamo ora il tutto attraverso il prisma coloniale.

Vediamo una organizzazione criminale con ramificazioni internazionali dedita ad intercettare fondi pubblici o privati tramite attività illecite quali la turbativa d’asta (vedi la scalata AntonVeneta) o taglieggiando piccoli imprenditori e risparmiatori (addebiti sui conti correnti). I fondi venivano poi riciclati anche in attività lecite, il tutto tramite l’utilizzo di prestanome (“i correntisti” ed “i concertisti”) e grazie ad ampie infiltrazioni nel mondo politico. L’organizzazione è guidata da alcuni “boss”, ed è strutturata gerarchicamente sino ai livelli più bassi (i semplici impiegati, CONSAPEVOLI). Gode di una rete di copertura (“omertà”) locale grazie al benessere (apparente) diffuso in città. E senza dimenticare gli indizi circa la presenza di un livello superiore (una vera e propria “cupola”) e la suddivisione territoriale delle diverse bande.

Andiamo ora a vedere i capi d’imputazione per Fiorani: essi includono l’associazione a delinquere, ma NON di stampo mafioso.

Meravigliati? Nessuno dovrebbe esserlo: la legge italiana non prevede un tale capo d’imputazione in un caso come questo. INFATTI FIORANI E SOCI NON SONO SICILIANI!!!! (o più in generale meridionali). Non sono cioè marchiati, come si faceva per i negri una volta, non hanno lo STAMPO e vengono giudicati da tribunali differenti, per soli “bianchi”. Per la legge italiana infatti la discriminante per l’inserimento dello “stampo mafioso” è esclusivamente GENETICA e RAZZIALE e non dipende dalle modalità in cui l’organizzazione si è strutturata.

Italia, ultimo stato razziale dove vige un sistema di Apartheid legalizzato accettato anche dai segregati.
Ma ci sono molti altri risvolti che vedremo. Per ora alziamoci: direi che è venuto il momento di cantare l’inno.

Abate Vella

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