MESSINA: PROVINCIA ”BABBA” ?

Bruxelles, 22 marzo 2000

Ritorna in risalto l’attualità siciliana ed ancora una volta messaggi non certo positivi riempiono le pagine dei quotidiani.



Purtroppo sono storie di criminalità, connivenze mafiose e di degrado di una società che necessita ormai urgentemente di venire rivisitata e corretta.

Qualche anno fa la commissione antimafia aveva visitato Messina e aveva messo a nudo una realtà raccapricciante persino nelle sue strutture “guida”.

La nostra associazione aveva denunciato i veleni di Messina, la corruzione imperante, il nepotismo come regola fissa, il caos amministrativo, il disordine edilizio, la mancanza di memoria, il disinteresse verso gli anziani – per i quali non esiste una sola struttura pubblica di assistenza – ma soprattutto l’abbandono di una ricchezza potenziale; i giovani,lasciati colpevolmente di fronte ad una sola alternativa: abbandonare l’Isola o continuare il “passio” o lo “struscio”.

Avremmo auspicato un intervento forte della “politica” locale, un intervento che prendendo spunto dalle dichiarazioni dell’anti-mafia, denunziasse la corruzione dilagante, le connivenze tra criminalità, istituzioni e società civile, iniziasse dunque a fare qualcosa.

Niente, neanche una parola, nemmeno sul giornale locale che, dopo essere uscito con un inserto speciale, lo ha ritirato dalle edicole, obbedendo al dictat dei poteri forti della città!

“L’Altra Sicilia” aveva denunziato i mille processi aperti e mai chiusi da un procuratore rampante con mire politiche, ben ripagate peraltro da una carriera governativa, fortunamente conclusasi, a cui dobbbiamo l’invenzione, tra gli altri, del pentito Sparacio, una specie di ladro di galline che diventa boss, accusa, denunzia, ritratta, si pente, gira in Ferrari e continua a frequentare il suo mondo con la protezione della Polizia e con i soldi del contribuente.

Una città senz’anima che si scopre citta-verminaio (la definizione risulta nei verbali dell’antimafia) dopo gli scandali del rettorato, della farmacia del policlinico, l’assassinio di Matteo Bottari, colpevole di essere persona perbene e di essersi opposto alle spartizioni mafiose.

Una città-periferia profonda, che non sa offrire ai suoi giovani alcuna alternativa oltre al “passio”, o al Celeste, con il tifo becero degli “squagliati” e delle “teste fracide”.

Una città che ha cancellato la sua memoria distruggendo i luoghi consueti come la libreria dell’Ospe, frequentata da Quasimodo e Vittorini, i suoi segreti letterari, la piazza Cairoli e il suo ritrovo Irrera, una volta salotto di una città orgogliosa, oggi regno di spaccio e microcriminalità.

Una città che si è inventata un’improbabile linea tranviaria stravolgendo strade, piazze, e divellendo alberi secolari. E tutto questo lo diciamo con la morte nel cuore perché questa città è la nostra stessa memoria, il nostro luogo consueto, fatamorgana della nostra vita, scillecarriddi del nostro ricordo, ed è quí che vorremo tornare col cuore, ma non con la ragione.

Messina, città strana e di grandi contrasti, che aspetta da dieci anni le case popolari nonostante l’approvazione di un finanziamento di 500 miliardi; che attende di vedersi piovere addosso i miliardi della costruzione del faraonico progetto del Ponte sullo stretto ancora una cattedrale nel deserto di infrastrutture ma anche di mentalità e modi di essere.

Messina che ancora non ha fatto I conti con la disoccupazione, la criminalità, il disordine, la mafia, ma soprattutto con il suo passato.

Eugenio Preta

“L’Altra Sicilia”


Al servizio della Sicilia e dei Siciliani