Perché un nuovo partito in Sicilia

Con questo editoriale cerchiamo di spiegare ai nostri lettori le ragioni che ci hanno indotto a dar vita ad un nuovo soggetto politico e quali spazi questo intenda ritagliarsi nel panorama siciliano.
Altre considerazioni, infatti, tutte più o meno contingenti avrebbero potuto scoraggiare da un simile passo, prima fra tutte la confusione di liste che si richiamano ai valori dell’Autonomia o della Sicilia, ma anche il sistema elettorale e di governo che, tra bipolarismo e sbarramenti, è ostile a qualunque cambiamento. Oltretutto ricordiamo la difficoltà di accesso ai media, l’ostilità dei poteri forti italiani e siciliani che hanno tutto da temere dalla nostra “Rivoluzione Siciliana” e finanche la presenza di un partito autonomistico a noi vicino, ma ben distinto idealmente, che si è presentato agli elettori in maniera autonoma e che potrebbe indurre ad ulteriore confusione.


Nondimeno la scelta fatta ci è sembrata obbligata e lungimirante. Noi non stiamo lavorando per domani mattina, ma per la storia, per la Storia di Sicilia con il suo respiro secolare. E’ giunto il momento di costituire il “partito dei Siciliani” che ancora non c’è, e questa è la strategia, a prescindere dai fatti tattici che ne potranno seguire.
Il nostro ragionamento politico è il seguente.
La Sicilia, occupata più o meno illegalmente da un intrigo tra poteri esterni della Penisola e poteri locali impresentabili da quasi duecento anni, versa in condizioni pietose. Trascina la propria sopravvivenza attaccata ad un’Italia che la deruba ogni giorno, che la depaupera, la avvilisce e la riduce a terra di mafia, emigrazione, assistenzialismo e sottosviluppo.

Il binomio Sicilia colonia italiana = Mafia è talmente evidente da non presentare alcuna via d’uscita. Oggi chi nel mondo dice di essere siciliano non può essere orgoglioso, come uno scozzese, come un catalano, ma se ne vergogna un po’ e si “nasconde” dietro l’identità italiana che ci è propria solo in senso molto lato.
La soluzione in questa fase storica può non essere l’indipendenza, non perché la Sicilia non abbia potenzialità di Nazione o perché non possa sostentarsi autonomamente, ma perché non ci sono le condizioni geo-politiche strutturali per una tale soluzione. In questa fase storica almeno; in futuro potrà accadere comunque qualsiasi cosa che oggi non siamo in grado di prevedere. Oggi la maggior parte dei Siciliani non è nemmeno consapevole della propria identità distinta da quella italiana, anche da quella dei fratelli dell’Italia meridionale, la confonde con una spiccata identità regionale, è tenuto nell’ignoranza di sé e della propria storia.

Solo chi va e chi vive all’estero di solito capisce, capisce di essere prima di tutto siciliano e poi, forse, anche italiano ed europeo; capisce che altre nazioni senza stato hanno conosciuto un revival politico che è stato anche economico, sociale e culturale. Chi è qui non sa, si rinserra nel suo individualismo, o nel municipalismo beota, o in un unitarismo italiano ed europeo a dir poco ossessionato (quante volte abbiamo sentito dire: “Anche noi siamo italiani! Anche noi siamo europei!”, ma se lo fossimo davvero tanto perché gridarlo, perché una statua di Garibaldi ad ogni angolo?). Come praticare l’indipendenza se la maggioranza dei Siciliani non la sentono, non la vogliono, anzi, peggio, sono stati abituati a temerla ed a disprezzarla? E poi troppo caro sarebbe il prezzo che dovrebbe pagare l’Italia e questo non ci sarebbe mai concesso…

La soluzione non è nemmeno l’autonomia. L’autonomia è fredda, non fa scattare momenti identitari e non è servita a niente da un punto di vista economico e sociale, almeno come è stata gestita sin qui. L’assimilazione con le altre regioni a statuto speciale è quindi un ragionamento valido fino ad un certo punto, perché si tratta di cinque realtà completamente diverse l’una dall’altra e non solo tutte insieme dalle restanti regioni italiane.
La soluzione sta in un federalismo nazionalista semi-indipendentista, ovvero in uno Stato riconosciuto internazionalmente e confederato con l’Italia la quale manterrebbe quasi tutti i poteri (pochi) che le riconosce oggi lo Statuto del 1946. Bisogna quindi recuperare, ampliare, valorizzare ed esplicitare non la specialità dell’Autonomia ma la sua vera e propria eccezionalità nell’ambito dell’ordinamento costituzionale italiano. Abbiamo argomentato altre volte perché un nazionalismo moderato e confederale non solo sarebbe la migliore risposta alla storica “Questione Siciliana”, ma anche la chiave di volta per il riscatto più complessivo di questa Terra, non ultimo un riscatto rispetto a quell’immagine deformata ed infamante che l’Italia ci ha assegnato nella compagine “nazionale”. Lo abbiamo argomentato tante volte e lo diamo per acquisito.
Quindi è dallo Statuto del 1946 che si deve partire, o ripartire, nella sua integrità, pochissimo conosciuta e peggio applicata, per poi passare al completamento dello stesso secondo quei principi che abbiamo definito nella Nostra Carta.


L’applicazione dello Statuto è apparentemente e tecnicamente l’applicazione di una parte della Costituzione della Repubblica Italiana, ma nella sostanza è molto di più: è una Rivoluzione, una rivoluzione legalitaria ma sempre una rivoluzione, e proprio per questo siamo considerati eversivi, pericolosi, molto più degli innocui separatisti, anche se paradossalmente siamo tali solo perché chiediamo l’applicazione di un patto costituzionale tra la Sicilia e l’Italia o il rispetto del Trattato di Pace di Parigi del 1947. A quanto pare in Sicilia non c’è niente di più rivoluzionario che chiedere la normalità: quella legale, ma anche quella sociale, di un paese dove si possa tranquillamente lavorare, vivere, etc. in una normalità che invece è sistematicamente negata.
Ma chi può o deve applicare lo Statuto? E perché sinora è restato lettera morta?


E’ semplice: lo Statuto lo dobbiamo applicare noi Siciliani! Non possiamo aspettare che vengano altri a farci regali. E sarà una lotta durissima, tanto più dura quanto più troveremo contro non solo un Paese-Stato più forte ed attrezzato, ma anche fiumane di traditori e voltagabbana siciliani, pronti a vendere la propria madre per qualche favoruccio personale (come hanno fatto purtroppo molti esponenti della nostra c.d. classe dirigente dai primi del 1400 ad oggi). Sarà una lotta durissima ma non invincibile se avremo al nostro interno una meta chiara ed unità di intenti. Mai nessuno è riuscito a piegare i Siciliani quando si uniscono: così fu nel Vespro, così nel Quarantotto, così nel Dopoguerra.
Perché però lo Statuto non si è mai potuto applicare? Perché è stato affidato ai partiti italiani! Mai nulla potranno fare i proconsoli in Sicilia di partiti romani! Un’autonomia speciale (o, ancor più, eccezionale) non ha senso se non è amministrata da una forza politica autonoma.
Quindi la vera battaglia è quella contro i partiti (e i sindacati, e le associazioni, e i movimenti) italiani in Sicilia. Dobbiamo crescere noi a scapito loro. Ogni iscritto o voto in più a noi o in meno a loro è una vittoria per la Sicilia. Alla fine saranno anche loro costretti a “regionalizzarsi” se non vorranno sparire; anche noi potremmo stringere alleanze tattiche con alcuni di loro per vedere riconosciute parti qualificanti del nostro programma. Ma anche questo sarebbe un successo!
Ma perché allora non coalizzare tutte le forze autonomiste sotto un unico cartello? Va bene che c’è bisogno di un partito siciliano, ma perché crearne un altro se ce ne sono tanti?
Perché sono quasi tutti falsi! Falsi nella loro sicilianità e falsi nella loro autonomia!
Prendiamo quelli che hanno maggiore rappresentatività.

L’MPA non è un partito siciliano: è per l’autonomia “del Sud”, ma da che? Ma, con il rispetto dovuto per i fratelli delle Province Partenopee, che cos’è il Sud? Sud di che? Sud d’Italia! E siamo sempre là! Noi siamo Siciliani! E tali vogliamo restare! Senza identità specificamente siciliana non si va da nessuna parte. Poi vedremo, se si consolideranno movimenti meridionalisti, che tipo di rapporto instaurare con gli stessi per gli interessi comuni del Mezzogiorno. E poi cavalca la tigre di un “ponte” che per noi è come la ferrovia cinese per il Tibet: strumento di colonizzazione e di sperpero; battaglia peraltro ormai di retroguardia perché fallita. E poi l’inserimento stabile dentro la CDL (non un apparentamento, un accordo di legislatura dietro garanzie di programma ma un inserimento del tutto organico) che è la negazione stessa dell’Autonomia.

E Nuova Sicilia? Se esiste ancora, se non si è fatto fagocitare da Lombardo, non ha mai alzato un dito, in tanti anni di vita, per la difesa dell’Autonomia Siciliana. Anch’esso è un pezzo organico della CDL e non è credibile: ha razzolato nelle liste di proscrizione degli altri partiti di governo per formare la sua classe politica e, per altri noti fatti di cronaca, pare più che altro il referente politico di una vecchissima ed impresentabile Sicilia con la quale non vogliamo avere nulla a che fare.
Idem per gli altri partitini fai da te, dalla vita e dalla collocazione ideale incerta, ma sempre interni alla CDL: primo fra tutti il c.d. Patto per la Sicilia del sindaco di Corleone che pare si sia liquefatto.
Guardiamo con rispetto ai “nazionalisti siciliani” di Vecchio, ma noi amiamo la chiarezza: come giustifica l’amico Erasmo l’apparentamento subalterno con l’MPA? Esca lui e quelli come lui allo scoperto e venga dalla nostra parte senza riserve, solo allora potrà avere uno sbocco quella “consulta” da loro invocata; ma finché flirta con il sottobosco della CDL per avere un posticino al sole non avremo molto da dirci… I Siciliani vogliono sentire una “terza” voce, realmente autonoma dagli schieramenti. Nel frattempo continuiamo a dialogare ma intanto non possiamo fermarci, perché fermarsi significa far perdere tempo prezioso alla Sicilia tutta.
A Sinistra non c’è nulla o quasi. Gli avanzi di “Primavera Siciliana” di Siciliano hanno appena il nome. Orlando tace. E poi, in ogni caso, varrebbero per loro le stesse obiezioni per gli “organici” della CDL.

Andiamo fuori dagli schieramenti.
Qui c’è intanto un “pulviscolo” di movimenti e movimentini autonomisti. Quello che nelle ultime consultazioni politiche ha avuto più successo in Sicilia occidentale è stato il movimento di Fileccia e Locorotondo. Ma – abbiamo detto sopra – l’autonomismo è insufficiente se è privo di un richiamo identitario e federalista forte al Popolo Siciliano e poi, con il nostro 2,1 % alle politiche all’estero, pensiamo che sia nostro compito quello di aggregare e non quello di essere aggregati.
Teniamo da parte, sia pure con il dovuto rispetto per la testimonianza che danno, le forze indipendentiste per le ragioni sopra dette: primo fra tutti il FNS di Scianò, ma anche Terra e liberazione di Di Mauro, il neo-MIS di Salvo Musumeci e Clarke, il PNS di Lanza, etc.
Chi resta? qual è il Partito dei Siciliani che non c’è e che ci dovrebbe essere?

Diciamolo chiaramente, ad oggi ci siamo solo noi ed Alleanza Siciliana! A dire il vero esiste anche una piccola formazione politica a cui abbiamo contribuito a dare i natali e che ha sostanzialmente la nostra stessa visione: il Partito del Popolo Siciliano di Corrao e Maisano; esiste un movimento giovanile (l’Alleanza Etica per la Sicilia di Sala) non ancora esposto alla competizione politica e legato all’ex deputato regionale Bartolo Sammartino di AN, ma di chiare tendenze confederaliste, e qualche altro soggetto di cui magari oggi ci stiamo dimenticando ma di rilievo quanto meno locale non indifferente.
Ma chi tra questi può dire di avere affrontato le urne, anche con un successo relativo, e di porsi come naturale polo di aggregazione del Sicilianismo?
Ancora una volta soltanto noi e Alleanza Siciliana di Nello Musumeci!
Perché – ci si potrebbe chiedere – non lavorare ad un soggetto unico con loro e magari anche con il Fronte Nazionale Siciliano che, a parte la legittima ma distinta aspirazione indipendentista, è formazione politica affidabile, con decenni di storia attiva nella politica siciliana e che ben vedrebbe la soluzione confederalista, sia pure come traguardo intermedio?
Perché – qualcun altro potrebbe chiedere – non militare in maniera pura e semplice nella più forte formazione autonomista “vera” (quella di Musumeci) magari restando un’Associazione che esprime talvolta candidati indipendenti?
La risposta a queste ultime due domande è non meno lineare delle precedenti ed è unica.
Perché l’autonomismo non basta e perché non può essere solo “di destra”! E’ importante, ma non basta! Il soggetto unico si può fare, se ci sono condizioni minime, ma distinguendo gli autonomisti di Alleanza Siciliana dai nazionalisti confederalisti de L’Altra Sicilia, e, perché no? – se vorranno farne parte mantenendo la loro identità – anche dagli indipendentisti!

Il soggetto unico può esserci ma non può essere un partito, tutt’al più uno schieramento!
E poi, all’interno di questo schieramento, è legittimo porre distinzioni ideali: taluni sono di “destra”, altri di “sinistra”, alcuni “cattolici”, altri “laici”, etc.. Ma questa non è la nostra strada! L’Altra Sicilia vuole essere il partito dei Siciliani e basta! La Sicilia al di sopra di tutto e di tutti gli interessi particolari.
Ecco perché L’Altra Sicilia – Antudo! Alleata con chi condivide parti importanti del nostro programma ma distinta per la sua unicità.
Unica nella sua trasversalità ideale. Unica nel rispetto dello Statuto fino alle estreme conseguenze che questo comporta. Unica nella capacità, ancora potenziale, ma speriamo presto attuale, di aggregare le più diverse forze siciliane e sicilianiste.

Unica nel fare la Rivoluzione Siciliana e nella capacità di riscrivere, una volta tanto in positivo, la Storia di Sicilia, affinché torni ad essere la Terra della fertilità, in tutti i sensi, nota nel mondo come Terra di Cerere e non “terra di mafia”.

ANTUDO!