Il popolo siciliano tenta lo scacco

Cos’è una rivolta? Cosa succede quando un popolo spontaneamente si ribella e la folla tumultuosa rompe gli argini spalancando le porte dell’inferno per gli oppressori, che hanno solo un breve lasso di tempo per richiuderle prima di essere inghiottiti? In questa era moderna imbevuta di un vuoto “politicamente corretto” e del paradosso delle missioni di pace non c’è più la percezione della folla, della moltitudine inferocita.

Persino la sensazione di
appartenenza ad un popolo sembra essersi affievolita sino quasi a scomparire.
Ma in Sicilia ancora no. In Sicilia il Popolo è ancora forte, e più di un
secolo dopo la famosa rivolta del sette e mezzo, sessant’anni dopo i moti
indipendentisti degli anni 40, il Popolo Siciliano mette ancora paura:


 

http://www.youtube.com/watch?v=rr5umA_cEp8

4000
poliziotti per un funerale di stato? Ma quannu mai… Il regime tremava, e
sapeva quello che sarebbe potuto succedere. Non è successo per un pelo, ma
quel segnale ha tramutato il martirio di Falcone e di Borsellino in una
vittoria, in una spinta verso la libertà che, grazie anche ad una ruota della
storia che si è rimessa a girare, non si è ancora spenta e sembra travolgere
tutto con il suo impeto.

Una battaglia non è però la guerra, e la
vittoria è ancora incerta. Ma chi si scontrava in quei giorni, e chi si sta
ancora scontrando cominciamo a poter distinguere, per quanto scaltri gli
attori principali siano nel muoversi nell’ombra.

Seguiamo allora
questa traccia appiccicosa che come una scia pende dalle filiere degli immondi
tessitori. E ripensiamo al video di prima. Chi era quel vecchietto sconsolato
interrogato ad inizio filmato? Come mai quella vena di disfattismo che il
regista pensa di fare collimare con quelle che crede (o vuole far credere…)
siano scene di disperazione e che invece contrasta nettamente con quel moto di
risveglio?

Quello che sembra un povero vecchietto spaurito è il realtà
uno dei più grandi eroi dell’antimafia. O meglio, degli “antimafiosi”,
potremmo dire maliziosamente. Quello è Antonino Caponnetto. Al tempo delle
stragi mafiose magistrato in pensione. SUBITO DOPO le stragi, candidato con la
Rete di Orlando (divenne presidente del consiglio comunale di Palermo). E dopo
ancora gran parlatore in tutti i convegni dove si trattasse di mafia. Un eroe
a parole, possiamo dire: Falcone, Borsellino e tanti altri che ancora lavorano
in silenzio saranno ricordati per le loro azioni. Ma quali azioni ricordiamo
oggi di Caponnetto? Solo premi e parole. Sicuramente messo nell’ombra da
Falcone e Borsellino quando era ancora in servizio, raggiunse la fama solo
DOPO la loro morte.

Ma in che rapporti era Caponnetto con Falcone in
vita? Leggiamo un brano tratto dal libro “Il cono d’ombra” di Mario Patrono
(Cerri editore,pag.103-105)*:

“Ma l’accerchiamento di Falcone non è
opera solo dei politici,della Rete,del Pci-Pds. Incredibilmente i suoi più
cari amici,i magistrati a cui è stato più vicino,non hanno esitazione a
sottoscrivere pubblicamente contro di lui. Il 28 ottobre 1991 sessanta
magistrati firmano una lettera contro la sua Superprocura, definendola uno
strumento inadeguato, pericoloso, controproducente: una lettera che tanta
amarezza cagionò a Giovanni Falcone. Le prime firme sotto il documento sono
quelle di Antonino Caponnetto,di Giancarlo Caselli e di Elena
Paciotti”


Caponnetto, con la sua autorità negli ambienti
giudiziari, si occupò quindi di isolare Falcone ‘da sinistra’, insieme ad
altri colleghi. Il motivo? Per alcuni si trattò forse di sincera convinzione
personale dell’inutilità delle proposte del giudice. Altri probabilmente
furono spinti da invidia professionale. Per un gruppetto però si intravedono
motivazioni politiche.

Falcone infatti si rifiutò di prestare fede alle
dichiarazioni di un pentito, tale Pellegriti (uno dei tanti delinquenti
stipendiati dallo stato sia prima che dopo, per chi ha orecchie
per intendere…), che chiamavano in causa Andreotti dando apparentemente
sostanza all’ipotesi di un terzo livello politico romano (Pellegriti accusava
Salvo Lima di essere il mandante dell’uccisione di Piersanti Mattarella).
Questo lo rese inviso a tutta la ‘sinistra’ (a quel tempo pronta a saltare
alla gola della DC oramai indebolita per accaparrarsi il potere) ed in
particolar modo all’ambiente della Rete ed al duo
Orlando-Caponnetto.

Falcone forse peccò a quel punto di ingenuità:
isolato come detto a sinistra, non poteva certo cercare protezione nella tana
del lupo e ricevere riconoscenza da una DC che aveva momentaneamente salvato
(ma solo per onestà: secondo lui quel pentito non era credibile) e che nel
frattempo lo attaccava altrettanto violentemente tramite i suoi rappresentanti
locali**:



http://www.youtube.com/watch?v=-Z-E5PJC0TM

Falcone
uomo fedele allo stato fino in fondo non poteva arrivare troppo in
alto. Capì o non capì quanto fosse realmente isolato? Quando fu
fisicamente eliminato dalla mafia (in esecuzione di ordini provenienti
da più lontano) egli era già morto dal punto di vista civile, ucciso
dall’antimafia.

Ma come detto ad inizio, la rivolta dei
Siciliani il giorno dei funerali della scorta di Borsellino capovolse tutto. E
sul martirio di due eroi fiorì il risveglio di un Popolo.

Oggi tutto
questo sta tornando di attualità. Mentre in Sicilia si smantellano gli ultimi
resti di una certa struttura di potere mafioso (vedi gli ultimi eclatanti arresti) senza che gli
antimafiosi (o semplicemente anti-DC?) riescano a rimpiazzarla con un altra,
sembra si stia cercando di iniziare lo stesso processo oltre faro, in
Calabria, dove i recenti fatti di cronaca riguardanti De Magistris ricalcano
la storia appena raccontata, come traspare dall’intervista pubblicata sul Corriere.

La
guerra è appena cominciata ma la conclusione non è poi tanto lontana nel
tempo. Come in un torneo di scacchi, vincerà colui che riuscirà a prevedere
con maggiore anticipo le mosse degli avversari, ed il Popolo Siciliano è
iscritto al torneo di diritto.

*La citazione ed altri passaggi del
post traggono spunto da un articolo segnalatomi da un navigatore. L’articolo
spiega dettagliatamente i passaggi che portarono all’isolamento di Falcone da
parte dei professionisti dell’antimafia. Ricordiamo comunque che esso è
scritto da Lino Jannuzzi (Forza Italia), parte in causa nella guerra di potere
di cui si parla.

**Lo spezzone video è isolato e fuori contesto.
Cuffaro difende il sistema dal punto di vista politico da nemici che valgono
tanto quanto lui ed i suoi capi romani. Nemici che non cercano cambiamenti ma
solo sostituzioni. Si intravede un Falcone “danno collaterale” di una spietata
guerra per il potere. Bisognerebbe ascoltare anche quello dal giudice detto
nell’occasione, ma all’antimafia di Falcone interessa solo la fotografia. Non
le parole. Se qualcuno ha notizie di altri spezzoni della trasmissione di
Costanzo è pregato di segnalarli.

 

Il Consiglio dell’Abate Vella

 

http://www.ilconsiglio.blogspot.com