Eletti all’estero: dalla beffa all’inganno

Le comunità emigrate all’estero vivono sicuramente piu’ dei cittadini che sono rimasti in patria la decadenza morale dei costumi e il letterale dissolvimento
geologico e strutturale del territorio.
Infatti possono oggi confrontarsi in tempo reale con gli avvenimenti, ritornano spesso nei luoghi d’origine, quindi partecipano
alle situazioni del Paese in maniera diretta anche perché la lontananza fisica cui sono costretti ne ha acuito la sensibilita’ e determina un interesse sempre piu’ meditato per le vicende patrie, enfatizzate poi come una partita di football.

La patria pero’ ha troppo spesso disilluso le loro aspettative.
Nelle estati dei ritorni consueti, il loro entusiasmo si esaurisce nel confronto con i problemi che attanagliano il quotidiano del luogo d’origine:
disordine, caos nelle strade, improvvisazione ammministrativa, insicurezza sociale, disoccupazione, ed in piu’ oggi dissesti idrogeologici ma anche morali.
Quindi il ritorno nel nord lontano per riprendere il lavoro interrotto, con la speranza di una boccata d’ossigeno estiva, e’ vissuto con un certo sollievo:
ritrovare ordine, equa amministrazione, esistenza certo piatta, ma di qualità, pur serve per riconciliarsi con il vivere civile e con il lieve fastidio e per
poi cominciare a ripensare alla prossima estate.

Ricalcando la voglia di partecipare alla discussione sul loro Paese nel Nord lontano, si sono sempre riuniti in associazioni regionali,sportive, dopolavoristiche, sindacati e altro e la Politica, conscia di questo loro bisogno, ad un certo punto ha deciso di offrire loro la possibilità di scimmiottare il suo mondo ed ha inventato Comites, Cgie e voto all’estero.

Il Comites, una specie di consiglio comunale degli emigrati presso i consolati di residenza, ha fatto sempre cilecca; ancora oggi nessuno ne conosce l’esistenza o peggio sa cosa faccia.
Piu’ in alto nella scala valoriale, il CGIE costituisce il summum della furbizia italica di partiti e sindacati: mentre almeno i Comites sono organi elettivi, sempre in attesa di riforma (ma che cosa si deve poi riformare?) il CGIE e’ costituito dai nominati degli eletti comites, dai rappresentanti delle associazioni – recrutate in maniera discrezionale dal console di turno – dai rappresentanti di partiti e sindacati: un inutile carrozzone mangiasoldi (si riunisce nei 4 continenti con diaria e spese pagate alla centurie di partecipanti) che, per logica, avrebbe dovuto scomparire quando una legge confusionaria aveva decretato il diritto all’elettorato passivo dei residenti all’estero. Ma tant’è…

Le elezioni del 2006 avevano consacrato in Parlamento degli illustri conosciuti che a stento parlavano la lingua italiana, e che dimostravano di avere, almeno quelli non direttamente collegati a sinistra, un’idea molto confusa della rappresentanza parlamentare, passando da uno schieramento all’altro e, in difetto di maggioranze ben definite, diventavano ricercatissimi e corteggiati da tutti.

La casta politica ha abbozzato ma non poteva restare certo inerme e gia’ affinava le sue armi di controllo per il turno seguente.
Alla beffa quindi le comunità all’estero si sono viste aggiungere l’inganno.
Infatti, nonostante la legge prevedesse, come requisito essenziale alla candidatura, una residenza all’estero di almeno 5 anni, proprio per garantire la rappresentanza di effettivi emigrati, la classe politica, alle elezioni seguenti riusciva a proporre candidati che niente avevano a che spartire con il mondo dell’emigrazione, con residenze fittizie all’estero, matrimoni rispolverati per l’occasione e tanta voglia di prendere per il naso il connazionale emigrato almeno fino al voto. Poi il niente.

Chi vive all’estero sa bene che la vita dell’emigrato si svolge con cadenze quasi obbligate tra lavoro e incontri con i connazionali nei caffe’ e nei ristoranti italiani, nella partecipazione a balli, nelle feste popolari, regionali, partecipando a convegni pseudo-intellettuali, a confronti con i problemi del lavoro, della scuola, delle case: vive una realtà che e’ fatalmente comune a quanti vivono ed operano in quel determinato circondario.

La cronaca pero’ ci riferisce di un certo signor Di Girolamo, diventato senatore della repubblica eletto all’estero: ha raccolto oltre 25mila preferenze, chapeau, anche se su quelle elezioni, come sulle precedenti pesano i dubbi (certezze) dei brogli elettorali.
Resta un piccolo dettaglio:il neo senatore non risiede affatto dove dicono le sue carte. Infatti qui nessuno lo conosce ne’ lo ha mai visto, ma nonostante tutto prende 25mila preferenze: mistero…
Ma e’ ineleggibile, per i dettati della legge. Tant’è vero che dalle indagini, conseguenti alla denuncia del candidato che lo segue nell’ordine delle preferenze, un magistrato ha chiesto addirittura l’arresto di questo signor Di Girolamo, avvocato, oggi senatore del regno.

La giunta per le elezioni del Senato aveva discusso la richiesta del giudice diretta a togliere l’immunità di questo signore (oltre ad essere presidente di una commissione parlamentare e’ diventato, nel contempo, anche vicepresidente del movimento Italiani nel mondo del sen De Gregorio, immaginatevi) e consegnarlo alle patrie galere. In sede di voto plenario invece, la casta del senato si e’ ricompattata, non ha seguito la commissione e, forse prevedendo futuri problematiche, oggi conclamate dall’inchiesta dei giudici di Firenze, ha deciso di non togliere l’immunità a questo signore, tutti concordi, con l’eccezione dell’Italia dei Valori di Di Pietro. Hic manebo optime

Oggi dopo un periodo di eclissi, ringalluzzito dal voto dei consoci, il senatore imbroglione, consigliato sicuramente dal suo pigmalione che dirige un foglio diretto agli emigrati, attacca un articolo dell’Isola nel quale si riferiva lo stato dei fatti e, per conformità alla richiesta del giudice, chiamava delinquente una persona che gia’ per il giudice delinqueva, tant’e’ che bisognava arrestarlo.
Sicuramente poi il fatto che il responsabile dell’Altra Sicilia fosse stato testimone oculare del suo misfatto (iscrizione nel registro dei residenti nel comune brussellese di Ixelles soltanto 8 giorni prima delle elezioni, e lui c’era…) ha determinato la querela dell’ancora oggi, e nonostante tutto, Senatore Di Girolamo.

Òggi che si comincia a sentire odore di elezioni, naturalmente la casta degli eletti all’estero vuole recuperare il tempo perduto, cerca di stringere i rapporti con i connazionali e, proprio in vista delle prossime elezioni, corteggia i servi sciocchi promettendo attenzioni alle vicende dell’emigrazione o forti iniezioni finanziarie a sindacati che non sono mai esistiti all’estero (ad esempio l’Enas) e, con la compiacenza dei beoti di turno, foraggia incontri che non servono alle problematiche delle comunita’ all’ estero: parole, parole che poi danno quello che hanno dato l’ultima volta per le comunita’: niente.

Convinti come siamo che gli italiani all’èstero, specialmente oggi, alla luce della nuova tangentopoli e della corruzione marcia del loro ex bel Paese, non pensino minimamente a partecipare al confronto (che’ non li interessa) e che – lo abbiamo sempre riferito- partecipino soltanto al 28/33% dei suoi componenti ad elezioni, discussioni, CGIE, Comites, dibattiti politici, tutto cio’che riguarda la politica italica, siamo convinti che essi stessi debbano mettere al bando i millantatori e prendersi carico dei loro bisogni, senza farsi abbindolare dai soliti furbetti che, ripetiamo, oggi pur indirizzandosi solo al 28/33% del corpo emigrato, gestiscono le tematiche degli italiani all’estero a nome proprio e in vece di tutti.

Da queste pagine, per diritto di trasparenza e dovere di dovuta informazione noi ri-denunciamo la permanenza illeggittima del signor Di Girolamo quale nostro rappresentante in Senato,il quale, pur ricercato dalla magistratura, e’ stato salvaguardato vergognosamente dal voto dei suoi colleghi ;
deploriamo la querela presentata contro il nostro responsabile che non e’figlio di nessuno, signor furbo direttore, ma risponde con una nuova denunzia contro la illeggittima permanenza del Di Girolamo in Senato.
Del pari, abbiamo chiesto con un esposto alla magistratura belga di verificare se la residenza fittizia di Di Girolamo a Bruxelles possa avergli determinato
delle conseguenze penali.
Noi, insieme a migliaia di connazionali che ci seguono e ci stimano da anni, difendiamo il lavoro di Francesco Paolo che da anni opera in emigrazione, eletto senza necessità di delinquere in tutte le assemblee di emigrazione cui ha partecipato, Lui si’,conosciuto a Bruxelles, in Europa e
nel mondo da quanti hanno dovuto lasciare la terra in cui sono nati per trovare nel Nord Lontano le possibilità di esistenza e di lavoro .

Infine, la vicenda Di Girolamo, purtroppo ci conferma la convinzione che la classe politica viva una preoccupante crisi morale. Finite le ideologie, e’in atto una banalizzazione politica che sicuramente e’opera inconscia di chi, prima imprenditore oggi alta autorità, ha portato sulla scena politica un modo di fare fuori dai vecchi schemi morali ed etici e crede di essere misura di tutto.
Vorremmo a questo punto che esistesse un’ opposizione seria e forte per controbbattere un modello di governo che non puo’ certo piacerci, con le sue sequele giudiziarie, le veline diventate deputate, le escort e gli squallidi affaristi di parte che speculano su morte e distruzioni.
La nostra unica ed ahime’ ultima speranza per il ristabilimento dello stato di legalita’ risiede a questo punto nell’opera della magistratura che serva anche a rinsaldare la fiducia nelle istituzioni nazionali dei cittadini all’estero di fronte alle prove di ìmmoralità esistenti nel Paese e a tutelare questa categoria non si lega a nessun santo in paradiso e opera nel rispetto della legge e delle istituzioni, pur se queste apppaiono lontane e spesso distratte.

Ufficio stampa
L’Altra Sicilia