Correva l’anno 2007…

Semplicemente vergognoso!
Gianfranco Micciché rimuove dall’ARS la Trinakria per un geroglifico

Nel 1860 fu il nizzardo Giuseppe Garibaldi che, in qualità di “mosca cocchiera” di una congiura internazionale, con il pretesto di favorire l’unità d’ltalia (leggi: ingrandimento del Regno Sabaudo), ridusse in colonia la Sicilia. Oggi, i novelli garibaldini sono coloro i quali si proclamano autonomisti ma che in realtà governano e controllano, in nome degli interessi dello Stato centralista, dei partiti e dei gruppi di potere continentali, la nostra Terra remando, di fatto, contro gli interessi e i diritti del Popolo Siciliano. E contro la rinascita della Nazione Siciliana. Con l’aggravante che i novelli garibaldini sono nati in Sicilia e non nella lontana Nizza!

II 14 giugno 2007 l’Assemblea RegionaIe Siciliana ha celebrato, alIa presenza del capo dello Stato italiano, Giorgio Napolitano, i sessant’anni dalla prima seduta del moderno Parlamento Siciliano. È stato in questa occasione che il presidente dell’ARS, Gianfranco Micciche, ha manifestato ancora una volta tutta la sua grave carenza di sicilianità, malcelata da disquisizioni verbose su un autonomismo sui generis.

Ha voluto quindi fare un regalo a Napolitano mostrandogli il nuovo logo dell’Assemblea Regionale Siciliana che è andato a sostituire quello con la Trinacria che, più e meglio di ogni altro, ha rappresentato per millenni e rappresenta tutt’oggi l’identità, anche culturale, del Popolo Siciliano.

II nuovo segno grafico identificativo dell’ARS, disegnato da Pierluigi Cerri, e stato ispirato da una raffigurazione a spirale che si trova sull’impugnatura di un vaso neolitico rinvenuto nei pressi di Paternò e conservato nel Museo Archeologico di Siracusa. Secondo il pensiero di Micciché questa specie di geroglifico sarebbe “l’emblema di appartenenza a una cultura con propri contenuti, linguaggi e obiettivi, un segno elementare raccolto da un passato remoto e generatore di identità” che stabilirebbe addirittura “una relazione con le testimonianze e le tracce culturali presenti sul nostro territorio”.

Questo ragionamento potrebbe essere valido soltanto nell’ipotesi in cui in Sicilia, sia al Museo di Siracusa sia in altri siti archeologici, non esistessero migliaia e migliaia di altre testimonianze culturali e rappresentative della civiltà e dell’identità del Popolo Siciliano (mentre, notoriamente, esistono).

II fatto di avere eliminato l’antica immortale immagine della Trinacria dal logo dell’ARS è semplicemente vergognoso e ci fa sospettare che la nostra classe politica soffra di un complesso d’inferiorità coloniale. E ciò la indurrebbe a cancellare i “segni” dell’identità siciliana. Cosa, questa, che si evince anche dall’infelice e inesatta denominazione dell’antico Palazzo Reale che viene definito, in maniera per altro oltraggiosa, Palazzo dei Normanni.

In occasione della sua visita a Palermo per Ie celebrazioni del sessantesimo anniversario della prima assemblea a Sala d’Ercole, Giorgio Napolitano è stato accolto fra prolungati applausi e al grido di “Viva la Repubblica”. Micciché, davanti al capo di Stato italiano, ha anche fatto una figura che si commenta da se, affermando, visibilmente emozionato, che “la nascita dello Statuto Siciliano fu allora la risposta politica alle minacce del separatismo”. Bravissimo!

Napolitano, ringraziando, ha spiegato, in un giro ingarbugliato di parole, come l’Autonomia sia stata un omaggio della Repubblica italiana alIa Sicilia. Cosa non vera perché, lo sanno anche Ie pietre, lo Statuto Speciale d’Autonomia fu emanato nel 1946, al termine di una trattativa fra i rappresentanti delle Stato italiano e i rappresentanti del Popolo Siciliano in armi. Un “pactum”, dunque.

Lo Statuto Siciliano non ci è stato, pertanto, regalato da chicchessia ma fu conquistato a caro prezzo, anche con spargimento di sangue siciliano. Da queste vicende emergono, quindi, l’origine pattizia e la specialità dello Statuto Siciliano. Quest’ultimo è oggi calpestato e tradito da una classe politica, qui dominante, che è anche espressione di una drammatica condizione di autentico colonialismo culturale e morale. (…)

Ricordiamo che la Trinacria è un simbolo che fu comune al mondo mediterraneo fin dalla notte dei tempi. La civiltà ellenica, però, lo usa maggiormente e Ie città greche lo adottarono in più circostanze. La Sicilia lo fece proprio. Rappresenta, verosimilmente, il carro del Sole e lo svolgersi delle stagioni. Oggi possiamo confermare, grazie anche a specifici riscontri archeologici, che la Trinacria, come simbolo di identità siciliana, fu voluta sin dal VII e VI secolo a.C. dal Popolo Siciliano. Lo stesso Popolo Siciliano alza con forza tale simbolo ogni volta che gli eventi storico-politici lo richiesero.

Si tratta, quindi, di un simbolo che non trae origine da riferimenti “geografici” (che sono successivi) e neppure da riferimenti “razzistici”. E quindi, da millenni, si è ben identificato con l’identità nazionale del Popolo Siciliano.

II governo siciliano di Ruggero Settimo, con specifica disposizione, lo adotta come emblema dello Stato Indipendente della Sicilia, scaturito dalla rivoluzione del 12 gennaio 1848. Fu anche il simbolo che fu adottato, nel periodo 1944-46, dall’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia). La Trinacria non è solo il simbolo della riscossa sicilianista e dell’Indipendentismo Siciliano, ma è anche e soprattutto l’espressione della Sicilia, dell’intero Popolo Siciliano, della Nazione Siciliana.

Infine, sarebbe opportuno che sia il presidente dell’ARS sia gli assessori regionali, quelli che hanno rimosso la Trinacria dai loghi delle rispettive amministrazioni, ricordassero che la Trinacria e anche il simbolo della Regione Siciliana che loro stessi rappresentano istituzionalmente.

Angelo Severino

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