Guerra e diritti dell’uomo

In questi ultimi tempi, al Presidente della Repubblica non ne va bene una.
Dopo la riedizione del filmato “youtube” 2004, relativo alla vergogna del rimborso dei biglietti aerei – la famosa cresta da 600 euro che gli eurodeputati italiani erano soliti (e continuano ancora oggi) a tirare alle casse del Parlamento europeo – in questo periodo travagliato, certo non solo per la situazione italiana ma per quella di tutto l “orbeterrarum”, Napolitano se n’è andato negli Stati Uniti per le celebrazioni dell’Unità d’Italia, ha incontrato gli italiani, sempre gli stessi orgogliosi figli della diaspora che là hanno cercato fortuna e che hanno ricevuto, dietro pagamento, il biglietto di partecipazione alla cena col presidente.

Napolitano quindi ha parlato di politica nostrana come il maestro parla della sua scolaresca un po’ discola, quasi che lui non appartenesse alla stessa scuola, poi è andato all’ONU e, meschinello, gli hanno fatto dire che quella con la Libia non è una guerra d’aggressione, ma la risposta dell’ONU, le nazioni virtuose, per poter salvaguardare i diritti umani e ristabilire l’ordine in quella parte d’Africa.

Favoriti dal fatto che il Maghreb ed il Mashrek sono sconvolti da venti di rivolta e che i vecchi dittatori sono scappati (ma chi ci dice che non ne siano arrivati di nuovi, ancora sconosciuti, oltre ai fratelli musulmani?), allora le nazioni più “sperte” come gli USA, la Francia e la Gran Bretagna, obbedendo alle pressioni di Obama che chiedeva un’operazione di guerra nel mediterraneo – la storia si ripete come quando Clinton pretese, e Dalema esegui’, i bombardamenti di Belgrado – si sono scatenate contro la Libia, dove effettivamente c’é un dittatore, forse non meno dittatore degli altri, confrontato con una rivolta tribale interna, ma sicuramente da attaccare perché ha il petrolio ed un pochino scattiato magari è.
Ma non solo la promessa del petrolio; Gheddafi si è fatto anche costringere a bloccare le masse di disperati che dalla costa libica premono per attraversare lo stretto di Sicilia; è venuto a Roma dove ha fatto “un gran buddellu”, proprio come il topo nella giungla, a Villa Borghese; ha fatto sfoggio delle sue uniformi dolceegabbana; ha fraternizzato col Berlusca ed ha portato con sé le amazzoni, quindi un po’ di antipatie se le è anche attirate. Ma tanto in Italia, in Unicredit, Fiat, Eni, e pure Juventus, lui è di casa ed i media sono andati in solluchero, dipingendo verità e finzione, manipolando l’informazione.

Un’informazione che è tanto omogeneizzata da apparire irreale e fasulla.

Ad esempio sono riusciti a passarci per intervento umanitario l’ennesima confusione degli “sceriffi” americani, in palese violazione del diritto internazionale e perfino della Carta delle Nazioni Unite dove il Consiglio di Sicurezza – con tutta la nostra dichiarata idiosincrasia per le grandi ammucchiate di stati, nazioni e istituzioni sovranazionali – è servito, come sempre, da utile idiota.

Pero’ ci vogliono convincere della guerra santa, ci vogliono dipingere i ribelli nordafricani come angeli libertari, i vecchi presidenti come affamatori di popoli, ed allora il TG si apre con notizie di bombardamenti e distruzioni (poi il corrispondente intervista tra le palme dei giardini di Tripoli ministri e responsabili governativi, all’aperto e mentre tutto intorno sfilano le luci del traffico cittadino); le armate del dittatore occupano nel sangue la Tripolitana e la Cirenaica ci dicono…(ma nessuno le ha mai viste queste divisioni di cattivissimi mercenari africani, per contro abbiamo visto le truppe dei ribelli con vecchie bandiere – e solo quelle – del re Idriss, sui SUV civili trasformati in “carrozzoni” armati).

Dov’è la realtà? Cosa succede effettivamente in Libia? Ma non solo in Libia, cosa succede da noi, in Sicilia?

Per ora soltanto noi siciliani sappiamo cosa succeda, e ce lo dicono le masse di poveretti che sbarcano a Lampedusa, alcuni tramortiti dopo peripli marittimi da tregenda, altri saltellando sul molo dopo un viaggio che tanto movimentato non sembra proprio essere stato. Dov’è la verità?

Certamente sui barconi della tragedia della povera gente, quella che a Lampedusa non c’é neanche arrivata, vittima per due volte: la prima ad opera degli scafisti, che non siamo capaci di “neutralizzare” per impedire il loro mercificio continuato; la seconda, più subdola, che obbedisce alle fumose teorie della salvaguardia dei diritti dell’uomo, vero passe-partout terzomondialista a parole, in verità alibi alle scelleratezze più efferate delle nazioni consorziate in società.

La vicenda Libia è la dimostrazione lampante della trasformazione del diritto internazionale da diritto umanitario a diritto di fare la guerra – ricordiamo gli interventi ONU in Somalia nel ’92 e nel Kosovo nel ’99 – risultato questo di un lungo processo di adattamento e di secolarizzazione dei principi del “justum bellum” elaborati dalla teologia cattolica ed ormai diventati valori di carattere prioritario della dottrina ONU a dispetto del vecchio principio della sovranità degli Stati, non più prerogativa assoluta e illimitata, ma vero “optional” del nuovo diritto internazionale forgiato dalle dottrine del new world order dell’amministrazione Bush, poi ribadite da Clinton fino ad Obama.

Diffidiamo dei difensori dei diritti dei popoli consociati nelle grandi assemblee mondiali e persistiamo nel convincimento che queste grosse Istituzioni illegittime soffrano di mancanza di trasparenza e siano prede di deficit di democrazia.
Il Parlamento Europeo, ad esempio, non sappiamo cosa faccia se non elaborare direttive che alla fine liberalizzano le scadenti produzioni extraeuropee a danno degli elevati standard qualitativi di quelle europee; la Commissione Europea funge da governo soprannazionale senza averne pero’ la legittimità politica che le deriverebbe da un voto dei cittadini e non dalla nomina dei governi; l’Europa è sempre più un grande mercato senza regole, e senza frontiere di capitali e di malapolitica.

L’ONU e le sue potenze “sperte” si sono trovati d’accordo all’unisono sulla necessità di bombardare Gheddafi; se ne sono fatta una ragione umanitaria senza considerare minimamente la violazione del diritto di uno stato sovrano alle prese con un disordine, pure grave, ma sempre confinato nell’ambito di un affare interno.

Diritti dell’uomo, infine, che vanno bene per intervenire in Libia ma non per farlo contro Ben Ali’ o Mubarak , né sembrano essere sufficienti per intervenire in Costa d’Avorio, in Yemen o in Quatar, o meno prosaicamente per ristabilire una parvenza di legalità sulle sponde africane del mediterraneo, sconvolte dalla massa di poveretti che fuggono fame e miseria e sono preda di affaristi senza scrupoli, prezzolati dagli stessi stati che ora stanno cercando di darsi una nuova pelle per tirare partito da una vecchia cerimonia, quella della migrazione di intere popolazioni senza speranza nè diritti.

Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo