Sul Patto Etico siglato al Parlamento Siciliano

Palermo, 19 Luglio 2005

L’Altra Sicilia apprende con soddisfazione e idealmente sottoscrive il Patto Etico siglato al Parlamento Siciliano per la moralizzazione della politica siciliana.

Da sempre la questione morale per noi è una pregiudiziale e pertanto non possiamo sottrarci al consenso quando, una volta tanto, la questione stessa entra nell’agenda politica attraverso un preciso codice deontologico.

Vogliamo anche – come è nostra consuetudine – aggiungere note di commento che vadano alla sostanza del problema, anche a costo di sfidare qualche ipocrisia del “politicamente corretto”.

Intanto il nome “etica” – che pure sottoscriviamo – sarebbe stato più opportuno fosse sostituito con quello di “morale”. E’ questione nominale, in fondo, ma non priva di risvolti ideologici. L’etica, infatti, sebbene sia una rispettabilissima branca del pensiero filosofico, ha assunto negli ultimi anni un contenuto semantico particolare quando utilizzata nel vissuto politico e sociale: essa fa riferimento a presunti valori “assoluti”, da pensiero forte per intenderci; valori che trovano fondamento, in ultima analisi, o in precise opzioni di fede religiosa o in altre costruzioni ideali non meno assolute ovvero, in ogni caso, nella coscienza individuale.

La morale, invece, fa riferimento a valori condivisi intersoggettivamente da una certa comunità in un certo momento nella misura in cui tali valori si condensano in norme di diritto positivo ovvero anche in semplici “consuetudini” le quali però siano vissute in maniera non meno cogente.

Ora, tornando al contesto politico siciliano, non è di valori etici ultimi, fondati su di un’insondabile “coscienza individuale” che oggi la Sicilia ha bisogno; questi possono avere un ruolo centrale nell’ispirare i principi ed i precetti della morale, ma non di più ed in ogni caso non sono verificabili in alcun modo. Serve piuttosto una ben più concreta “moralizzazione” della politica, un suo vaccino da ben definite pratiche di corruzione, questa in ogni senso intesa. In altre parole non è di politici “santi” che abbiamo bisogno, quanto di poltici “onesti”, ciò che già sarebbe tantissimo.
Poi ci auguriamo che ai principi segua una prassi.

Taluni teorici del diritto sostenevano che le norme prive di sanzione sono inefficaci. Non sappiamo se è del tutto vero; certo è che non si dovrebbe mai abbassare la guardia, soprattutto di fronte a certi unanimismi. Cosa impedisce al politico corrotto e faccendiere di siglare un “protocollo di moralità”? Questo, se non seguono sanzioni a carico degli inadempienti, sarebbe il peggior esercizio di ipocrisia politica…

Ancora, la moralizzazione opera a tanti livelli, molti dei quali impensati e iscritti nel codice culturale di un Popolo avvilito da secoli di malgoverno, che diffida istintivamente di tutto ciò che è pubblico. Non solo mafia, quindi, o appalti truccati, ma anche “concorsi truccati”, “raccomandazioni”, “nepotismi” di ogni tipo… Siamo davvero pronti ad un salto culturale che ci faccia diventare un paese normale?

E infine – lasciateci dire la cosa che ci sta più a cuore – la “moralizzazione” della Sicilia è solo una lotta di liberazione “propedeutica” per la Sicilia, condizione necessaria ma non sufficiente per il suo riscatto. La corruzione nasce anche dall’avvilimento di un “Popolo negato”, di un’antica Nazione a cui è stata negata identità e dignità.

Se questa lotta non si accompagnerà ad una riscoperta della Sicilianità come identità di Popolo, essa non darà molti frutti e forse sarà vissuta dagli stessi Siciliani come l’ennesimo corpo estraneo al quale immunizzarsi. Bisogna invece radicare la battaglia per la moralizzazione della politica siciliana in una più generale battaglia per il “vero” Autogoverno della Sicilia e per l’Autonomia “economica”, oggi la più dimenticata, e per riscoprire i caratteri distinti della Sicilianità e restituirli al Popolo Siciliano. Un Popolo attaccato alle proprie istituzioni e alla propria storia, un Popolo che non debba più vergognarsi di essere Siciliano, sarà anche più civile e pretenderà amministratori migliori.

Ma nello stesso giorno in cui si apprende questa notizia si apprende anche di un certo Fleres che sulle pagine di un settimanale dice che bisogna “federalizzare” partiti e sindacati non per rispettare la nostra peculiarità – udite, udite – ma nientedimeno per evitare che nascano formazioni politiche e sindacali “veramente” autonome da Roma e in contrapposizione di interessi con il potere centrale. Così torna l’idea dell’Autonomia come vaccino al separatismo. Ma noi invece ci crediamo!

Crediamo che sia “immorale”, questo sì, vivere in istituzioni autonomistiche speciali che si vogliono deliberatamente svuotare da dentro per evitare che finalmente qualcuno dica ai Siciliani che hanno interessi loro propri e che non sono una semplice “regione” d’Italia.

Ma chi ci libera da questa vera, profonda, immoralità?

L’Altra Sicilia – al servizio della Sicilia e dei Siciliani