Elezioni presidenziali francesi: Eric Zemmour candidato del sistema

Viviamo in un’ epoca di sperimentazioni scientifiche da quando un virus, sfuggito da un laboratorio lontano per imprudenza o per dolo – nessun giudice pare sia stato ancora incaricato di pronunciare una sentenza, – ha seminato dolori e paure in tutto il mondo.

Anche la politica, che si appresta al confronto elettorale periodico, vive un periodo di sperimentazioni artificiose per imbellettare la pillola da offrire al cittadino e rubargli il consenso.

Mentre in Italia si gioca il toto-nomine per il Quirinale rispolverando da armadi pieni di fuliggine sempre e solo antichi candidati che si sono contraddistinti per i guai combinati alla cosa pubblica, in Francia il confronto sembra apparentemente più serio, basato sulla contrapposizione di schieramenti e di convinzioni ideologiche che oltralpe ancora persistono.

Da qualche anno, servito in tutte le salse del talk show più ridanciano e delle più affermate emissioni culturali, un personaggio si è installato, insalutato ospite, nelle case di tutti i francesi ed oggi si presenta come candidato alla presidenza del Paese: Eric Zemmour un giornalista del Figaro e di C-news, autore di numerosi libri che si definisce di origini berbere-ebraiche, si professa bonapartista e gollista e si presenta come il salvatore della Patria.

Non bisogna essere grandi esperti per capire che questa candidatura che si indirizza agli elettori conservatori ed alla destra in genere abbia come primo contraccolpo quello di mettere fuorigioco Marine Le Pen proprio riprendendo i temi che la Le Pen, vittima della malattia che affligge la destra e che ben abbiamo conosciuto in Italia, ha abbandonato cercando di apparire più moderata proprio per risolvere seriamente le questioni che rimangono aperte sul tavolo e che non si prestano alle soluzioni populiste che invece Zemmour sta riprendendo amplificandole, sospettosamente però senza subire le critiche mediatiche altrimenti puntuali.

In questo gode del favore del sistema che lavora per seminare zizzania a destra, frenare il consenso di Marine Le Pen, alla fine per aprire i viali al candidato tradizionalmente moderato inviato dalle lobby finanziarie ed atlantiste. Un candidato che oggi difficilmente potrà essere Macron dal momento che ha sfidato l’egemonia americana in Europa ed ha ridotto le velleità di cinesi e americani in Africa, impegnando militarmente il Paese in Mali e in Niger.

Zemmour non è un frutto spontaneo della politica francese, non è l’uomo della Provvidenza per la destra, Zemmour è il prodotto artificiale di un laboratorio che si chiama Cnews, una televisione privata conservatrice lanciata dalla strategia del gruppo di sinistra Canal+, presieduto dall’imprenditore Bollorè, vicino agli ambienti liberali di destra e diretta da Dominique Roux, padre di Valerie Pecresse, candidata dei repubblicani alla presidenza, vero obiettivo della strategia mediatica apparentemente filo Zemmour.

Alla fine il suo discorso contro il declino, contro l’immigrazione selvaggia, contro le finanziarie europee può entusiasmare il mondo della destra populista ma a ben guardare avanza sempre più forte il sospetto di un personaggio creato in vitro, latore di un messaggio che si vuole pericoloso e perciò oggetto di una relativa demonizzazione che appaia compiacente e necessaria proprio per mettere in guardia ed avvisare gli elettori dei pericoli che incarna e convertirli di conseguenza all’antico usato sicuro.

Eugenio Preta