La nostalgia ed il Natale

Arriva puntuale il Natale, pur nelle restrizioni dovute alla pandemia, nonostante la crisi economica che attanaglia le famiglie e nella rivoluzione dei modi di vivere della società contemporanea. E’ Il tempo che passa  implacabile ed  una delle caratteristiche del suo passaggio consiste  proprio nel tentativo di  cancellare  tutto quello che ci è intimo e familiare.

La modernità si insinua, si impegna nel logorio dell’esistente, ci impone nuove esigenze ma non riuscirà mai a cancellare le nostre memorie nè a disperdere la nostra nostalgia, etimologicamente, quel dolore che prende chi ha un desiderio irresistibile del ritorno.
Sicuramente i nuovi censori modernisti finiranno per stigmatizzare anche questi rimpianti e così facendo colpiranno soprattutto chi vive lontano dalla propria terra, dalle proprie origini.

Tralasciando la facile retorica di Ulisse, con Calipso, Penelope e il cane Argo, e senza rivalutare filosofi scomodi, la nostalgia dei paesaggi familiari, delle persone amate, dei ricordi che culliamo giornalmente, esiste ancora realmente e vive nella nostra mente. Per definire questo sentimento è necessario possedere una potente memoria personale ma anche una sensibilità particolare corroborata da un’ origine lontana, dalla capacità di amare e di meravigliarsi per cose che la nostra epoca purtroppo ha bandito o non possiede più: un viale lungo e pieno di rumore, di gente e di magazzini, i lidi dell’estate, l’autostop, una canzone, i luoghi consueti della festa, un sorriso di madre, la pacca sulle spalle di un padre.
La nostalgia quindi è come un colpo di sole che non fa mai male al momento, ma arriva soltanto la sera come un lieve malessere che poi non è che faccia troppo male.

Arriva quindi il Natale, come un vecchio signore che vede il suo palazzotto cadere a pezzi ma continua a sperare che domani tutto possa andare meglio.
Ma come si può credere che questo nostro tempo, con il suo codazzo di leggi liberticide, con le mostruosità vantate come benefici, con la barbarie appostata ad ogni angolo di strada, stia veramente andando verso il progresso, verso un assurdo senso della Storia?
Rimane che la nostalgia non è una passione triste, come ci vogliono far credere i Soloni del progressismo solo per poterla poi criminalizzare. Potrà essere anche una tristezza distaccata, un’angoscia silenziosa, sicuramente non contiene nulla di criminale e nemmeno di invalidante, anzi, superato il momento iniziale di sconforto, rappresenta la più alta forma di speranza.
Ma i gendarmi del pensiero corrente sono convinti di poter controllare tutto, anche la nostalgia, e ci spingono ad andare avanti velocemente verso il futuro senza riflettere, come il branco di lemmings che, come nel celebre videogioco, destinato al suicidio di massa, avanza a tutta velocità verso il precipizio mentre per potersi salvare dovrebbe soltanto rallentare ed avanzare più lentamente.

Eugenio Preta