La guerra dell’informazione

Una volta c’erano i bordelli nel Palazzo di Saddam Hussein, il genocidio dei gentili kosovari per mano dei cattivissimi serbi, le armi di distruzione di massa dell’Iraq e i ribelli moderati in Siria. A breve il fantasma di Kiev e gli eroi dell’Isola dei serpenti.

È il modo di fare informazione di certa stampa occidentale che in modo asfissiante, aggressivo e opprimente divide drasticamente il mondo in buoni e cattivi, il campo del bene da quello del male e ci indica quello che dobbiamo effettivamente pensare.

Ritorna quel dito del Grande fratello che non ci abbandona mai e trasforma i minuti di odio in giorni di ira tanto che Putin può essere, secondo l’angolazione di chi scrive, un pazzo paranoico o semplicemente un mascalzone

Milosevic, Saddam Hussein, Gheddafi, Baschar al Assad avranno finalmente trovato un degno successore che da tempo del resto scalpitava in pole position: Vladimir Putin, la novella incarnazione del Male assoluto che, stavolta, ha gettato la maschera attaccando senza alcun motivo un Paese suo vicino che voleva semplicemente aderire alla NATO.

Così l’odio trattenuto a stento fino ad oggi può ormai scorrere a torrenti in nome della morale, della pace, dei diritti dell’uomo e di tutto quello che vogliamo.

Una nuova bestia immonda è stata identificata, i suoi crimini orrendi rivelati ed i tribunali internazionali si sono posti in attesa paziente. Siamo nell’epoca del manicheismo che non accetta più analisi né verifiche dei fatti e impone solo la legge del sospetto.

Quando nel ‘91 Bush padre attaccò l’esercito iracheno che era entrato in Kuwait, i sondaggi riferirono che l’opinione pubblica americana non fu assolutamente favorevole finché una giovinetta intervistata dai media, tra i singhiozzi, raccontò che i soldati di Saddam erano penetrati in un centro neonatale ed avevano staccato le prese delle culle uccidendo decine di neonati. Tutto era stato inventato però servì a convincere l’opinione pubblica mondiale, la NATO ebbe il via libera ed attaccò e sconfisse l’esercito iracheno.

In Kossovo nel ‘99 si stava compiendo un genocidio ed i soldati serbi addirittura erano stati accusati non solo di aver assassinato i poveri albanesi del Kossovo, ma addirittura di aver giocato al football con le loro teste. I media passarono per vera la notizia suffragata dalla testimonianza dell’allora ministro della difesa tedesco.

Poi venne la bufala del “ferro di cavallo”, un’operazione bellica dell’esercito serbo per procedere al genocidio dei gentili partigiani dell’Ukc e la NATO, prode difensore dei deboli iniziò a bombardare Belgrado per 78 giorni per punirla di voler difendere la sua Provincia.

Nel 2003 in Iraq si appurò con sdegno che Saddam possedeva effettivamente le terribili armi di distruzione di massa. Nonostante le missioni di Ue a New York per evitare la guerra ma le prove inventate dalla CIA e sbandierate all’Onu dal generale Powell convinsero all’intervento americano per abbattere definitivamente quella belva immonda

La disinformazione in Siria fu ancora più euforica perché riuscì a durare per molti anni. Per i media Al-Nusra difendeva i più deboli e gli islamisti associati erano soltanto ribelli moderati che indossavano persino dei caschi bianchi nelle operazioni più importanti. Ma funzionò poco perché intervenne Daech a sparigliare il campo, Putin iniziò a segnare il suo territorio impedendo al gas del Qatar di passare dalla Siria e di conseguenza gli USA furono costretti a promulgare le sanzioni contro il popolo siriano reo di preferire Assad alle bande islamiche

Oggi l’Ucraina si prepara ad inaugurare il palcoscenico delle operazioni dell’Occidente mediatico, ma la verità sgonfia sempre i miti: i tredici eroi dell’Isola dei serpenti non si sono immolati, si sono semplicemente arresi. La storia del fantasma di Kiev è ancora più inquietante: questo Eroe senza volto che avrebbe abbattuto decine di caccia russi appare sorridente ai comandi dell’aereo, ma la foto si riferisce ad una manifestazione precedente a questa guerra.

La disinformazione ha raggiunto i limiti e solo una virtuosa applicazione della prudenza dovrebbe ispirare maggiormente i moralisti del pensiero virtuoso.

Così generali ed ammiragli in pensione si avvicendano sui nostri schermi per spiegarci che l’esercito russo avanza meno velocemente del previsto e che si trova in grande difficoltà di fronte all’accanita resistenza Ucraina.

Certo farebbero meglio a manifestare un pò di prudenza perché nessuno sa cosa succede e come potrà finire questa maledetta guerra.

Eugenio Preta