La versione anti-russa della cultura della cancellazione

All’inizio del mese di marzo, a causa della guerra voluta da Putin in Ucraina, gli organizzatori del Festival della fotografia europea di Reggio Emilia – veri geni! -, hanno deciso di annullare l’esposizione dedicata alla cultura russa.

Una decisione certamente figlia della rabbia del momento che non è riuscita a tener conto che cultura ed espressioni artistiche, dovrebbero aprirsi al confronto ed al dialogo proprio per preservare l’aspetto culturale dall’isteria di morte e di violenza di ogni guerra.
Di conseguenza sono state escluse dalla mostra le opere dei fotografi russi precedentemente invitati, persino quelle di un artista, Alessandro Gronsky, che due giorni prima era stato arrestato a Mosca per aver manifestato contro l’intervento in Ucraina.

Toccò anche a Dostoievski: in un sussulto di stupidità l’Università Bicocca di Milano riuscì ad annullare persino un seminario sullo scrittore russo con la motivazione di voler evitare ogni polemica. Evidentemente In Italia essere russo è oggi una colpa, anatema che colpisce anche Dostoievski, condannato peraltro a morte nel 1849 per aver letto un libro proibito.

Ma l’Italia non è il solo Paese ad aver annullato le manifestazioni di artisti russi, vivi o morti che siano. In Scozia, l’orchestra filarmonica di Cardiff ha ritirato dal programma le musiche di Tchaikovsky; in Francia la Filarmonica di Parigi ha cancellato i concerti dell’orchestra del Teatro di Mariinski; a Londra l’Opera reale ha cancellato le esibizioni estive del Bolshoi e il Metropolitan Museum of Art di New York ha messo al bando artisti considerati filo Putin per sostenere, addirittura -hanno scritto- la battaglia contro l’oppressione russa.

Declinata sui modi di una russo fobia primaria ormai esasperata, la versione odierna della Cancel culture riflette la vigliaccheria, l’incapacità di riflessione, il manicheismo della società occidentale che è divenuta ostile al dialogo ed ha ridotto proprio la cultura ad un semplice mezzo di propaganda, di promozione di ideologie e.. di autodistruzione infine.
Non abbiamo distrutto e sabotato tanto le fondamenta della nostra civilizzazione da quando ci siamo imposti l’imperativo morale di costruire ponti e non muri tra le culture, i popoli e da quando abbiamo assunto la censura come il braccio armato contro le diversità culturali.
Dostoievski aveva detto che “…Ogni pietra di questa Europa ci è cara …” ma la continua messa al bando delle manifestazioni culturali russe riuscirà fatalmente ad ottenere l’esatto contrario di quello a cui aspira: invece di aprire al dialogo esaspererà il nazionalismo russo.

Eugenio Preta