Millennials contro la sostituzione

Già da qualche tempo in Francia, specialmente nella regione parigina, diverse parrocchie organizzano incontri di preghiera e fedeli di religione cattolica e di religione musulmana recitano insieme cantiche rivisitate in salsa multiculturalista evitando però ogni riferimento a Maria Vergine e a Gesù Cristo.

Che cattolici e musulmani possano incontrarsi e confrontarsi sulla loro fede è un avvenimento certamente importante, ma che poi possano mettere in discussione la figura di Maria – presente anche nel Corano non come Vergine né come madre di Dio – e lo facciano in una Chiesa consacrata al culto dell’incarnazione di Dio è forse inopportuno e può significare addirittura una provocazione.

Far recitare su un altare consacrato i versetti del Corano ad un imam o i salmi ad un coro di donne coperte dal velo islamico significa che la religione cattolica è assolutamente identica a tutte le altre e veicola quindi il messaggio che tutte le religioni sono intercambiabili e addirittura sostituibili. Sicuramente i parroci che hanno accettato questi incontri ecumenici avranno pensato di potersi considerare illuminati promotori della fraternità universale senza rendersi conto, però, di essere diventati complici e esecutori del drammatico abbandono delle chiese e del culto cattolico da parte dei fedeli.

Persiste infatti, fin dalla fine degli anni ’70, la convinzione che il dialogo e l’accettazione cristiana favorirebbe l’integrazione dell’Islam nelle nostre società, nel solco di un atteggiamento falsamente umanista, quando sono in molti a rendersi conto come la civilizzazione occidentale stia scomparendo proprio nel momento in cui la stessa sopravvivenza del cristianesimo viene messa a rischio perché le chiese sono sempre più vuote, le vocazioni sono diventate rare e i preti quasi invisibili.

Il ruolo di preti e predicatori dovrebbe essere quello della testimonianza e della presenza sul territorio per difendere quel che resta della fede cristiana ed invece, figli dell’individualismo illuminista e del sessantotto passato, per vigliaccheria, per abitudine al compromesso, per il relativismo imperante – come diceva papa Ratzinger – e soprattutto per la dimenticanza di Dio hanno ridotto la fede ai soli diritti dell’uomo e ad una tolleranza complessiva, assurta a virtù.

Molti però sono i giovani pronti a ribellarsi e a lasciar presagire la speranza del cambiamento di mentalità di queste nuove generazioni, i “millennials“, che ritengono che l’essere cristiani non è più soltanto un lusso intellettuale e nemmeno un retaggio familiare e che non intendono più sopportare le continue lezioni di morale professate dai rappresentanti di una fede ormai debole e sottomessa.

La fede, per questa gioventù 2000, formatasi sulle reti sociali e sui mezzi di comunicazione di massa, è una conquista personale, certo controcorrente, ma frutto di una meditazione consapevole sulla Storia e sui valori cristiani. Una scelta che li ha portati infine a condividere la verità rivelata di Gesù Cristo insegnata dalla Chiesa nel corso dei secoli.

Siamo in tempo di Pasqua e la lezione fondatrice del cristianesimo esalta proprio la Resurrezione dopo il ciclo della passione e della morte. La speranza viene sempre dai giovani: se i nostri “millennials” prenderanno coscienza della fede cristiana come quella spinta potente che ha formato un’identità e ha costruito la civiltà, allora potremo iniziare oggi a resistere alla decadenza e domani ripartire per la “riconquista”.

Eugenio Preta